Francesco Salerno e Giuseppe Ferraioli nel laboratorio del panificio

SALERNO

Una vita tra acqua e farina per sua maestà il pane

Il team di “Panem et circenses” produce ogni giorno 450 chili e decine di varietà

SALERNO. Acqua, sale, lievito e farina. Parte da qui. E come tutti gli incantesimi che si rispettino, affinché la “pozione” sia davvero magica, occorre che si faccia di notte. Perché solo nel silenzio del buio che avvolge, quando la città dorme, quei quattro ingredienti figli della terra riescono a trasformarsi in rosette e sfilatini, ciabatte e topini, schiacciate e focacce. Fare il pane è un’arte antica. Che sa regalarti il sapore delle radici arcaiche e quel viaggio a rebours nei profumi della memoria. Ma ci vuole dedizione infinita. Pazienza. E metodo. Perché «siamo noi che dobbiamo stare dietro al pane, lui non verrà mai dietro di noi». Paolo Lamberti, 42enne di Cava de’ Tirreni, è uno dei due soci di “Panem et circenses”, il panificio che nel dicembre 2014 ha aperto i battenti in via Eugenio Caterina. Ogni giorno, grazie ai due maestri panificatori Francesco Salerno, 41 anni e Giuseppe Ferraioli, 49, si producono 450 chili di pane che vanno letteralmente a ruba. Il forno è quasi sempre acceso, ma è di notte che si concentra il core business di un mestiere antichissimo. Alle 23 si alza la saracinesca del laboratorio e si inizia ad impastare. Poi tra forme, lievitazioni e cotture, si arriva in un battere di ciglia alle otto del mattino, quando il sole è alto ed i clienti sono già in fila alla cassa. La macchina organizzativa è un orologio svizzero ed in 24, tra pizzaioli, cuochi, rosticcieri, pasticcieri e addetti alle vendite, miscelano tradizione e innovazione per dare vita a sua maestà il pane e ai suoi derivati.
Dura lavorare con questi ritmi?
Paolo: Direi proprio di sì. Seguo tutta la filiera, dal controllo di qualità al lavoro finale. Non è semplice se hai moglie e un figlio, come nel mio caso. Ma Elisa ha abbracciato questa croce e si è abituata ai miei tempi. In compenso Samuele ha imparato ad impastare ed infornare il pane. E si diverte moltissimo.
Giuseppe: Faccio questo lavoro da oltre trent’anni ed è diventato la mia vita. Ho avuto la fortuna di incontrare una donna che ha compreso le mie esigenze e in casa ci dividiamo i compiti.
Francesco: Provengo da una famiglia di panettieri, la mia è stata quasi una scelta obbligata. Mia moglie è stata bravissima a crescere i nostri due figli ed ha avuto la pazienza di sapersi adattare a una vita non propriamente ordinaria, non fosse altro perché dormiamo in orari strani. Quando smontiamo alle otto torniamo a casa, andiamo a fare la spesa, pranziamo e nel pomeriggio si riposa, prima di attaccare il turno.
Lavorare di notte, anche se al chiuso di un laboratorio, non comporta rischi?
Paolo: Sì, perché con una certa frequenza vengono balordi alla ricerca di qualcosa da bere. Ma i ragazzi sanno bene che non possono vendere nulla in quella fascia oraria.
Francesco e Giuseppe: Di tanto in tanto è capitato di trovarsi di fronte persone non proprio a modo, ma ci siamo abituati e cerchiamo di concentrare le nostre energie esclusivamente nel nostro lavoro.
Quali sono i segreti per fare un buon pane?
Paolo: Come in tutti i lavori ci vuole passione e professionalità. Scegliamo sempre materie prime di altissima qualità.
Giuseppe: La manualità, la precisione sono fondamentali. E anche l’umiltà, perché bisogna essere consapevoli del fatto che c’è sempre da imparare.
Francesco: Un requisito indispensabile è la precisione. Bisogna essere attenti e ordinati. Noi, per esempio, siamo estremamente pignoli e cerchiamo di inculcare questo metodo anche ai nostri aiutanti.
Quali sono i prodotti più richiesti?
Paolo: In assoluto la ciabatta di semola, che ha un impasto più morbido, fermenta con il freddo, restando in cella un’ora a 6 o 7 gradi.
Francesco e Giuseppe: Ma siamo molto gettonati anche perché produciamo diciotto qualità di pane speciale, da quello di soia a quelli con farina di kamut, da quelli agli otto cereali fino all’ultimo arrivato, a base di riso venere. E poi c’è il rustichino, che è molto croccante, una specie di grosso grissino di pane, che è tra le qualità più vendute.
La ricetta base per un buon pane?
Francesco e Giuseppe: Un chilo di farina, mezzo litro d’acqua, dieci grammi di lievito naturale, venti grammi di sale. Venti minuti nell’impastatrice e poi si passa nelle ceste di plastica, dove l’impasto riposa per due ore. La fase successiva è quella della lavorazione che eseguiamo rigorosamente a mano.
E vi riesce sempre bene?
Francesco e Giuseppe: Sì perché ormai abbiamo acquisito la nostra esperienza. Quando a fine giornata vedi tutti i banchi allestiti tiri un sospiro di sollievo e torni a casa con un pizzico di soddisfazione in più.
E qualche busta di pane...
Francesco e Giuseppe: La regola d’oro di un buon panificatore è quella di non scegliere il pane.
In che senso?
Francesco e Giuseppe: Non badiamo alle forme, se è più preciso o meno gradevole esteticamente. Lo prendiamo a casaccio perché sappiamo che è buono e conosciamo la fatica che ci è voluto per farlo.
La crisi economica non ha risparmiato nessuno. Il vostro settore fa eccezione?
Paolo: No, anche se abitualmente si dice che il pane in una casa non manca mai. Nonostante sia un prodotto povero, perché con tre euro acquisti un chilo e puoi sfamare un’intera famiglia, se si vuole tagliare sulla qualità del prodotto, si perde in partenza. Sulle materie prime non badiamo a spese e mi aggiorno continuamente. Mi piace offrire ai clienti prodotti diversi dal solito. Alla fine i nostri sforzi vengono ripagati quasi sempre. Il piacere più grande è quando alla cassa ti sorridono dicendoti che era una vita che non assaporavano un pane che ha il profumo e il gusto di una volta. Per certi versi è come tornare a casa dei nonni, ma con un alimento che guarda alla contemporaneità e che sa rinnovarsi continuamente e in maniera creativa.
Una curiosità: a casa vi dilettate a impastare?
Francesco e Giuseppe: Ogni tanto quando portiamo l’impasto per la pizza. Ma in generale lasciamo fare alle nostre signore. Tutt’al più il nostro tocco si limita a un vento di farina.
Sarebbe?
Nel gergo dei panificatori, è qualcosa di simile a una spruzzata.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
(8- Continua. Le interviste al tassista Gaetano Ricco, al pierre Daniele Avallone, al soccorritore Alessio De Silvio, al dj Peppe Cancro, alla dottoressa Luisa Vitiello, all'operatore portuale Alfonso D'Agostino e al ristoratore Nunzio Adamo sono uscite il 27 febbraio, il 6, il 13, il 20 e il 27 marzo, il 3 e il 10 aprile)

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mercoledì, 23 ottobre 2024

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