L'OPINIONE

De Luca danneggia il diritto allo studio universitario

Nel corso della seduta di Consiglio Regionale della Campania del 27 giugno, insieme ai colleghi del centrodestra, ho votato convintamente contro a una serie di modifiche apportate alla Legge Regionale n. 12 del 18.05.2016, concernente il diritto allo studio universitario campano.

Le modifiche approvate, dalla maggioranza di De Luca, suscitano, infatti, notevoli perplessità e forti preoccupazioni: si tratta di una scelta che indebolisce ulteriormente l’architettura della riforma regionale del 2016 che aveva visto la decisione di sopprimere le sette ADISU che, fino ad allora, avevano gestito il diritto allo studio nei singoli Atenei e di costituire l’Azienda per il Diritto allo Studio Universitario della Regione Campania (ADISURC). In quella riforma, su suggerimento dei Rettori della Campania e con l’avallo della stessa giunta De Luca, si decise di prevedere la costituzione di due Centri di Responsabilità Amministrativa (uno per le istituzioni universitarie di Napoli, il secondo per quelle delle province di Avellino, Benevento, Caserta e Salerno) che attualmente gestiscono i servizi e i benefici per gli studenti.

Tale scelta teneva conto delle diverse specificità delle varie sedi in tema di borse, alloggi e ristorazione. Per incomprensibili ragioni e senza reali benefici, le modifiche introdotte dall’attuale coalizione deluchiana comporteranno la soppressione delle due attuali strutture organizzative e l’accentramento di tutto in un unico centro decisionale a Napoli: un salto nel buio e una mancanza di sensibilità verso studenti e famiglie.

In particolare, per Salerno già la decisione del 2016 di creare un’unica azienda regionale fu sofferta. Nel quinquennio precedente l’intera Università si era mobilitata, in tutte le sue componenti, contro il progetto di scioglimento delle singole ADISU e di accentramento di tutte le attività per il diritto allo studio presso un unico centro. La previsione, nella riforma del 2016, dei due CRA cercava di salvaguardare una, seppur limitata, presenza organizzativa e gestionale.

Ora, di fatto, si cancella anche questa. Si ricorda, peraltro, che di fronte alla disposizione governativa di istituire un solo organismo per il diritto allo studio universitario, la Regione Veneto propose ricorso che fu accolto dalla Corte costituzionale riconoscendone la fondatezza (sentenza 7/2018), e pertanto ancor oggi mantiene le tre aziende per il diritto allo studio universitario, ubicate in corrispondenza della sede universitaria di riferimento (Padova, Venezia e Verona).

Sinceramente sorprende che la deliberazione consiliare sia stata approvata anche con il voto favorevole dei consiglieri di maggioranza eletti nelle altre quattro province, tenendo conto che nel campo del diritto allo studio, azzerando le strutture presenti sul territorio, si va in controtendenza rispetto a quanto accade negli altri settori dei servizi all’utenza: nel campo dei servizi sociali si tende al welfare di prossimità; nel campo del servizio sanitario si promuove l’assistenza territoriale e la costituzione degli ospedali e delle case della comunità.

Su un piano distinto ma altrettanto ingiustificata appare la scelta, operata tra le varie modifiche approvate, di prevedere il raddoppio dei compensi dei componenti del consiglio di amministrazione, che passano dal 15% al 30% dell’indennità spettante ai consiglieri regionali, ad eccezione del presidente, a cui è addirittura corrisposto un assegno mensile nella misura del 60%. Nel momento in cui si sopprimono strutture importanti e gli studenti protestano per il caro fitti, anziché risparmiare, il governo regionale raddoppia i costi per gli amministratori, peraltro a parità di impegno e responsabilità amministrativa.

In sintesi, credo sia opportuno che i rettori, i rappresentanti degli studenti negli organi accademici e delle associazioni, nonché i sindacati, si siedano intorno a un tavolo e facciano sentire la propria voce per rimediare a tale scelta che finirà per penalizzare ulteriormente il diritto allo studio.

*Consigliere regionale