Stupro della 14enne a San Valentino Torio, pronto il ricorso per i cinque minorenni

I legali dei ragazzi accusati della violenza chiedono la scarcerazione. Primi pentimenti: "Le ho chiesto subito scusa, ho capito di aver sbagliato"

SAN VALENTINO TORIO. «Io le ho chiesto scusa, subito dopo. Ho capito che avevamo sbagliato»: la consapevolezza di uno dei ragazzi del branco dopo aver abusato della ragazzina di Sarno è messa nero su bianco in quel lungo verbale reso davanti ai carabinieri di Sarno la mattina dopo lo stupro di gruppo ed è stata ribadita al gip durante l’interrogatorio. Ma questa consapevolezza, questo rammarico non lo ha salvato dal carcere. Da giovedì sera, i minorenni di San Valentino sono stati trasferiti ma anche divisi. Due di loro, quelli che per primi hanno abusato della 14enne, sono reclusi a Nisida, gli altri tre nel carcere di Airola. Il gruppo è stato diviso. Fatto sta che dopo la convalida dell’arresto, i difensori preparano le istanze che – già da lunedì – saranno depositate al tribunale del Riesame per un’attenuazione della misura.

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Si lavora sulle esigenze cautelari e sulle singole posizioni. Peseranno nella difesa dei cinque ragazzi tra i 15 e i 17 anni, la personalità, quello che singolarmente hanno fatto alle 21 di domenica sera in quel box della palestra di San Valentino e quello che hanno raccontato successivamente. E poi si lavoro sul processo rieducativo e sul percorso che i minorenni dovrebbero affrontare. Il carcere non facilita – secondo i difensori – quello che è lo spirito della legge per quanto riguarda gli “under 18” che commettono reati, cioè quello della rieducazione. «La ragazza alla fine non capiva più niente era intontita, però io l’ho costretta ad avere un rapporto orale», ha detto uno di loro agli inquirenti. E poi, l’amico quello che l’avrebbe tradita: «Ho capito che non voleva più starci, urlava e piangeva». Ma poi anche lui è entrato nel box e l’ha violentata.

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Quella sera ognuno di loro ha avuto un ruolo, diverso sicuramente, ma nessuno di loro ha risparmiato davvero quella ragazza. Nessuno ha fermato i propri compagni. Quella diversità di ruoli, le ammissioni di circostanze che neppure la vittima «in stato confusionale e intontita» ha raccontato, potrebbero servire – per la difesa – per avere un’attenuazione della misura. Alcuni dei difensori proveranno a puntare l’indice contro l’effetto mediatico che questa storia ha avuto. Potrebbe avere giocato un ruolo importante nella decisione del giudice. Una punizione, quella del carcere, che serve da esempio ma che non sarebbe calata a pieno nell’episodio in questione. L’effetto mediatico ha avuto le sue ripercussioni anche sui familiari dei giovani indagati. «Molti di loro non escono da casa da lunedì. Si vergognano», dicono alcuni avvocati.

leggi anche: Questa società che s'indigna solo se c'è di mezzo il diverso Ragazzi “normali”. Una serata “normale”. Famiglie “normali”. E paesi altrettanto “normali”. Da giorni “normale” è un aggettivo fastidiosamente abusato, fatto rimbalzare dalle piazze ai luoghi di aggregazione reali e virtuali. Un mantra che ha il sapore della ricerca disperata di un appiglio.

L’effetto mediatico da contrastare, ma anche il comportamento assunto rispetto ad un eventuale pericolo di fuga, che – secondo i legali – non esiste, viste le ammissioni, seppure con le dovute giustificazioni, date dai ragazzi. Come pure, non esisterebbe – per alcuni dei indagati – il pericolo che possano tentare di “influenzare” la vittima e indurla a ritrattare parzialmente le sue dichiarazioni. Nessun pericolo, inoltre, che possano verificarsi altri episodi simili visto che al momento non vi sono prove che i cinque minori abbiano partecipato ad altre aggressioni e violenze di gruppo. Insomma si cerca di capire.

Per la difesa è determinante anche la visione del filmato registrato dalle telecamere di sicurezza che riprende alcune fasi dell’incontro con la ragazza portata, quasi di peso, per un braccio giù al garage. «Ti dobbiamo parlare», pare le abbiano detto i primi due ragazzi, di cui la 14enne fa una descrizione molto lucida. È stato l’inizio di un incubo.

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