Le storie

Giacomo, un cocktail da Salerno a Dubai

Bravura e sogni: dopo aver girato mezza Europa, ora il bartender salernitano gestisce il “Siddartha by Buddha Bar” negli Emirati arabi

Creatività, curiosità, attenzione al cliente: sono questi i principali ingredienti di un buon bartender. “Tender”, infatti, è una parola inglese che indica colui che accoglie la clientela dedicandole la massima attenzione, il tutto condito da un cocktail preparato con mani sapienti. Il bartending si configura, quindi, come una maniera diversa di intendere il bar, una forma di intrattenimento completa con la quale l’ospite evade dalla routine quotidiana. «Ho imparato che un drink non può essere servito senza eleganza, senza un dettaglio personalizzato e, soprattutto, senza amore – conferma Giacomo Vezzo, bar manager del “Siddartha by Buddha Bar” di Dubai ma salernitano nel cuore – Il bartender è il direttore d’orchestra, il responsabile dell’atmosfera che si crea nel locale; puoi definirlo bar soltanto quando i clienti sono rilassati e divertiti». La stessa atmosfera “rock’n’rolling” descritta dal cantante cubano Laurel Aitken, “The Godfather of ska”, nel brano “Hey bartender”.

La gavetta. Giacomo iniziò a lavorare presto, all’età di tredici anni, durante le pause estive della scuola. «Ho ricoperto tutti i ruoli – racconta Vezzo – partendo da quelli più umili; nonostante la giovane età capii subito che il bar sarebbe stato il mio mestiere. Ricordo però che, quando scelsi l’istituto alberghiero, avevo intenzione di specializzarmi in cucina». Successivamente il giovane apprendista cambiò genere di locali, entrando nel mondo delle discoteche e, di conseguenza, dei cocktail bar. Arrivato al punto in cui sentiva di aver raggiunto il massimo a Salerno dal punto di vista professionale, nel 2009 Giacomo maturò la decisione di cambiare Paese per affrontare una nuova e più stimolante avventura.

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Le esperienze all’estero. Londra, la metropoli cosmopolita che non si ferma mai, fu la prima tappa del suo girovagare. «Ripartii praticamente da zero, complici le difficoltà con l’inglese. Dopo mille peripezie fui assunto come “barback”, ossia aiutante bartender, in una discoteca nel centralissimo quartiere di Soho. Dopo due anni, però, decisi nuovamente di cambiare, lasciando il locale da supervisore dei barman: una bella soddisfazione». Dall’insistente pioggia della capitale inglese al radioso sole di Ibiza è stato un attimo. «Lì ho allargato la mia personale cultura dei cocktail, sperimentando nuovi ingredienti e tipologie di liquori. Inoltre, la “isla blanca” mi ha dato l’opportunità di conoscere tanti colleghi competenti». Terminata la stagione estiva, Giacomo si trasferì nel settembre 2012 a Parigi, seguendo i dardi scagliati da Cupido. «È stato il punto di svolta della mia carriera: oltre l’amore, poi interrotto, lì ho incontrato il Buddha Bar, compagnia dove lavoro tuttora».

Il Buddha Bar. In Francia Giacomo ha perfezionato il suo stile approfondendo la tecnica dei cocktail molecolari, che permette di creare drink sotto forma di sfere, gelatine e spume. «Mi sono dovuto rimettere sui libri – ricorda Vezzo – per apprendere nozioni di botanica e chimica, oltre al francese. Ho avuto la fortuna di incontrare manager che mi hanno insegnato tutti i segreti del bar, facendomi crescere in maniera esponenziale». Il destino e il datore di lavoro l’hanno poi portato nel paese dei sette emirati, ricco di petrolio e contraddizioni.

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Dubai. «A livello professionale qui puoi crescere tanto; i clienti dei bar sono estremamente esigenti, è sempre una grossa soddisfazione ricevere i complimenti per un cocktail che hai preparato. La città inoltre è ben organizzata e sicura, anche se un po’ ipocrita – osserva Giacomo – Quarant’anni fa la maggior parte delle cose che oggi rendono celebre Dubai non esisteva; adesso stanno correndo per colmare il gap con l’Occidente, perdendosi inevitabilmente dei pezzi per strada». A cavallo del nuovo millennio la città ha assunto una dimensione sempre più internazionale; è cresciuto anche il numero di italiani residenti nella capitale dell’omonimo emirato per investire, attirati da una tassazione così bassa da poter essere definita quasi inesistente.

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Le competizioni. A Dubai Giacomo ha partecipato a numerosi concorsi per bartender, trionfando nella seconda edizione della “Hendricks Cucumber Cup”. «Ho creato un cocktail chiamato “The Doorknobs” (pomello in inglese), ispirato al fantastico mondo di “Alice nel paese delle meraviglie”; alla premiazione ero infatti travestito da cappellaio matto! Per la sua preparazione ho utilizzato gin Hendricks, marmellata di rose, limone e acqua tonica aromatizzata al fiore di sambuco, il tutto servito su tazze da tè». Altra gratificazione, l’ingresso in finale alla World Class Uae, tappa della principale competizione internazionale per bartender negli Emirati. «Ho presentato “Istukushima”, un drink a base di gin Tanqueray 10, wasabi (il ravanello giapponese), aceto di riso ed ananas grigliata – spiega Giacomo – Inoltre, ero tra i cinque finalisti della “Glenfiddich Most Experimental Bartender”, competizione per la quale ho ideato lo spettacolo multisensoriale “Best Drums in the Valley” con il percussionista napoletano Walter Scalzone».

Il sogno. Dopo tante esperienze l’ambizione di Giacomo è aprirsi un bar tutto suo, difficilmente a Salerno. «Ho già in mente un’idea sulle caratteristiche del locale, la sto sviluppando con due amici. Siamo molto fiduciosi, ne vedremo delle belle».

 

 

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