le storie

Caterina a Chicago in cerca del bosone

Lavora al Fermilab dove si occupa di fisica sperimentale dopo aver trascorso più di un anno al Cern di Ginevra

Laureata con lode in fisica sia alla triennale che alla magistrale, un dottorato di ricerca conseguito con il massimo dei voti: è il percorso netto di Caterina Vernieri, ventottenne salernitana che studia i misteri legati ai meccanismi della Natura presso il laboratorio Fermilab di Chicago. Una parabola ascendente iniziata al liceo “Severi”, nel rione Picarielli, dove Caterina mostrò sin dal primo anno una forte predisposizione verso le materie scientifiche, vocazione che l’ha portata a varcare l’oceano per soddisfare la sua brama di conoscenza.

«Sono un fisico sperimentale, mi occupo di fisica delle interazioni fondamentali. Attualmente lavoro per un esperimento che analizza i dati delle collisioni protone-protone al Cern di Ginevra – spiega la Vernieri – Il gruppo di ricercatori del quale faccio parte approfondisce i legami tra i costituenti della materia; per farlo facciamo scontrare due protoni tra loro ad altissima velocità. Nell’impatto questi si spaccano, e i quark che costituiscono i due protoni interagiscono tra loro producendo altre particelle». L’obiettivo, in pratica, è la scoperta del bosone di Higgs nello stato finale, non ancora osservato, in cui decade in due bottom-quarks.

Il percorso. Consapevole che la decisione di iscriversi alla facoltà di Fisica l’avrebbe portata lontana da Salerno, Caterina non si identifica però nella definizione di cervello in fuga. «Avevo voglia di mettermi alla prova in contesti nuovi, stimolanti: il primo passo è stato l’Università di Pisa, un ateneo con un’importante tradizione per la fisica. Poi da lì Ginevra, dove ho trascorso oltre un anno presso il Cern, un posto fantastico per chi fa ricerca nel mio campo. Un’esperienza bellissima sia dal punto di vista personale che scientifico. Infine il Fermilab, negli Stati Uniti, una scelta fortemente voluta. Devo però ammettere che se avessi deciso di costruirmi un futuro in Italia in questo campo sarebbe stato più difficile. Al momento non penso di tornare».

Eppure l’Italia ha avuto scienziate del calibro di Rita Levi Montalcini, premo Nobel per la Medicina nel 1986, e Margherita Hack, esempi di passione per lo studio oltre ad essere uno stimolo per i più giovani. «Credo si faccia fatica a capire che la ricerca è il traino per lo sviluppo tecnologico e, di conseguenza, economico del paese – riflette la Vernieri – Investire nel nostro lavoro è fondamentale per il futuro, bisogna adottare una visione di lungo periodo».

Il centro di ricerca. Il Fermilab è un laboratorio federale di fisica delle particelle e degli acceleratori che conta circa duemila unità tra scienziati e ingegneri. Un ambiente dalla spiccata vocazione internazionale. «Nel centro si respira un clima di grande condivisione, in cui tutti lavorano fianco a fianco con obiettivi comuni – racconta Caterina – Ciò mi ha colpito sin dalla mia prima esperienza quando, grazie a un programma di scambio tra Fermilab e l’Italia, fui selezionata per un periodo di tirocinio». La fisica sperimentale delle alte energie si basa su una collaborazione globale: scienziati da tutto il mondo lavorano in sinergia per far funzionare lo stesso esperimento, come per la scoperta del bosone di Higgs.

Gli Stati Uniti. L’impatto con la nuova realtà è stato interessante. «Culturalmente sono molto diversi da noi. Le persone sono sorridenti e socievoli, ma in realtà si tratta di una società chiusa e individualista. Nel complesso però mi trovo bene – osserva Caterina – È anche vero che, essendo arrivata con un posto di lavoro che mi garantiva stabilità economica, assistenza sanitaria, supporto per il visto, non ho dovuto faticare troppo per adattarmi. Credo comunque che qui sia ancora possibile crearti un’opportunità avendo un’idea e delle capacità».

Un tessuto sociale comunque complesso, pieno di contraddizioni. «L’educazione è costosa: se avessi dovuto studiare qui, senza il sostegno di una famiglia benestante o una sovvenzione, non avrei potuto frequentare il college; e le borse di studio non sono per niente facili da ottenere. Stesso discorso per l’assistenza sanitaria. La percepisco più come una società divisa per ricchezza che per differenze etniche o religiose – aggiunge Caterina – Chicago però è una città magica con la sua architettura, il blues, il jazz, i teatri, i musei. Non mi sono quasi mai sentita una straniera, qui vivono persone provenienti da tutto il mondo. Consiglio a tutti la lettura de “Il maiale e il grattacielo”, uno spaccato completo della metropoli».

Non manca un’osservazione sul clamoroso risultato delle ultime presidenziali. «Stiamo attraversando un momento politico difficile, qui come in Europa, a prescindere da Trump, che è solo la conseguenza di un disagio rimasto inascoltato».

Il rapporto con Salerno. Gli impegni e la distanza hanno ridotto le visite di Caterina in città. «Sono molto legata alla mia famiglia, quando posso torno per rivedere i miei cari. Di Salerno mi mancano il mare, le estati in spiaggia, la pizza. Mi fa sorridere quando rientro per Natale sentire la gente lamentarsi del freddo, a Chicago la temperatura scende fino -20°. Purtroppo, nella maggior parte dei miei coetanei, non vedo curiosità o interessi particolari». In chiusura un consiglio per gli aspiranti fisici: «Siate curiosi di comprendere le strutture della natura. Ci sono tante cose che non capiamo ancora, c’è da lavorare insieme per raggiungere obiettivi comuni».

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