Terreno “conteso” a Scafati, il gip lascia in cella soltanto i due Fusco

Tornano liberi Raffaele Esposito e Alessandro Maddaloni. E spunta un quinto indagato: l’ex dipendente comunale Donnarumma

SCAFATI. Estorsione ai commercianti ortofrutticoli: restano in carcere Giovanni e Giuseppe Fusco. Il giudice per le indagini preliminari non convalida il fermo della Dda e scarcera i presunti fiancheggiatori, Raffaele Esposito e Alessandro Maddaloni. Il gip Alfonso Scermino ha escluso che il tentativo di estorsione sia stato attuato col metodo mafioso, e non ha convalidato il fermo per la detenzione dell’arma nei confronti di Giovanni Fusco. Intanto nell’inchiesta della Dda entra un quinto indagato, Emilio Donnarumma, l’altro vicino e parente degli ex proprietari del terreno conteso.

Gli interrogatori del gip. Ieri mattina, interrogatori in carcere per i quattro uomini fermati, giovedì mattina, dagli uomini della Dia e del Reparto territoriale dei carabinieri. I Fusco, padre e figlio – difesi dall’avvocato Francesco Romano – hanno raccontato la propria versione in merito alla contesa del terreno di mille metri quadrati comprato dai fratelli Alberto e Antimo Filetti, e che loro pretendevano di acquistare per un diritto di prelazione di vicinato. Giovanni Fusco, alias ’o cangiano, ha ammesso di aver chiesto conto di quel terreno, ma ha escluso qualsiasi altra forma di intimidazione nei confronti delle vittime. La contesa sul terreno acquistato esiste, ma – secondo gli indagati – non è nei termini in cui è stata raccontata dalle vittime. Difesa strenua, rispetto alle accuse anche da parte di Raffaele Esposito, anch’egli difeso dall’avvocato Romano, che è stato poi scarcerato nel pomeriggio dal gip Scermino insieme ad Alessandro Maddaloni.

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Secondo l’accusa, i due avrebbero partecipato alle intimidazioni dei Fusco nei confronti dei fratelli Filetti, andando più volte nel piazzale dell’ azienda di via De Riso. Esposito, frequentazioni assidue con esponenti del clan Ridosso-Loreto, secondo quanto spiegato da alcuni testimoni era tra quelli che spalleggiava i Fusco negli incontri con i fratelli Filetti. In un’occasione avrebbe fatto anche un tentativo di mediazione tra le due famiglia, visto che il padre in passato aveva lavorato per l’azienda di ortofrutta del Rione Ferrovia. Il giudice, dopo l’interrogatorio, non ha ritenuto sufficienti gli indizi per lasciarlo in carcere e lo ha liberato. Ruolo marginale anche quello di Maddaloni, individuato come il giovane abbronzato e col pizzetto, che il 29 giugno scorso è andato dalle vittime per portare un’imbasciata: “Mi manda Peppe Fusco. Ancora non avete capito quello che è successo finora? Il terreno ce lo dovete dare perché Peppe Fusco lo vuole per forza”.

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Il giovane, assistito dall’avvocato Anna Merolla, si è difeso nel corso dell’interrogatorio. I difensori degli imputati hanno discusso sull’insussistenza dell’aggravante del metodo mafioso, in particolare l’avvocato Romano ha sottolineato la mancanza di elementi per ritenere che i Fusco avessero avuto in passato legami con esponenti del clan Loreto-Ridosso. Una tesi accolta dal giudice che ha applicato una misura cautelare in carcere per i Fusco e ha scarcerato gli altri due, non ritenendo valide le esigenze cautelari imposte con il fermo della Dda.

Il quinto indagato. Anche Emilio Donnarumma è stato destinatario, giovedì mattina, di un decreto di perquisizione disposto dalla Dda presso la sua abitazione. L’ex dipendente comunale è stato coinvolto nel processo scaturito dallo scioglimento del consiglio comunale di Scafati del 1993 perché aveva ospitato nella sua abitazione un incontro tra politici e camorristi. L’accusa di favoreggiamento fu dichiarata prescritta e Donnarumma uscì indenne dal processo.

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