A sinistra, il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca

L’EDITORIALE

Se la politica ci tratta da sudditi

Da una parte i disservizi di un Servizio sanitario sempre più ostaggio di una sciocca burocrazia e di una politica sempre più attenta ai tagli ragionieristici e disattenta verso le vere esigenze dei cittadini. Dall’altra le istituzioni che permettono che siano servizi (pulizie all’Università) con ribassi del 40 per cento e che portano a penalizzare i lavoratori in puro stile feudale. Insomma, Robin Hood ma al contrario

Non si è, non si dovrebbe mai essere sudditi o clienti ma cittadini. La differenza non è solo semantica, è qui che passa il confine della vera civiltà dei popoli. Invece, ultimamente e troppo spesso, cittadini lo siamo solo sulla carta: non accade solo qui ma certo non può essere consolante. Ci sono storie purtroppo emblematiche degli ultimi giorni che aiutano a rendere bene l’idea. Ne prendo due fra quelle meno devastanti rispetto all’enormità rappresentata da pallottole allegate a lettere inviate a una sindaca o da una ragazzina stuprata da cinque coetanei. Ma certo sono storie che aiutano a capire quanto le disuguaglianze nascano silenti e striscianti.

La prima è quella legata ai disservizi di un Servizio sanitario sempre più ostaggio della sciocca burocrazia e di una politica sempre più attenta ai tagli ragionieristici e meno alla capacità di gestione.

L’altra riguarda i lavoratori delle pulizie dell’Università, costretti ad accettare una paga da fame per conservare un posto di lavoro “offerto”, quasi “concesso” in stile feudale, dalla ditta che è subentrata nel servizio offrendo un ribasso di oltre il 40 per cento.

Sono storie all’apparenza molto diverse fra loro ma entrambe rappresentano un vero e proprio attentato alla dignità umana. Lo sono perché calpestano diritti fondamentali, peraltro garantiti anche dalla Costituzione, che dovrebbe essere un faro ancor prima che un totem da difendere o attaccare. Ci sono due articoli, il numero 36 e il numero 32, che servono da base di partenza. Il primo dice che «il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa». Il secondo che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti».

Già sulle cure gratuite agli indigenti ci sarebbe da dire, perché ci sono pensionati con 500, 600 euro di reddito mensile costretti a pagarsi i medicinali per cure primarie, ma purtroppo non è solo questo il dramma. È che in provincia di Salerno, in particolare nel periodo estivo, non si riesce a garantire un servizio sanitario degno di questo nome. I turni delle ferie costringono alla chiusura di reparti che servono comunità immense, ad Agropoli (tanto per fare un esempio) non si riesce ad aprire il pronto soccorso che dovrebbe essere punto di appoggio estivo per tutta la costa cilentana Nord, centinaia di migliaia di presenze estive senza una reale tutela. E questo nonostante le pompose promesse di vari piani sanitari regionali, l’ultimo dei quali varato immancabilmente durante la recente campagna elettorale. Insomma, laurismo puro ma fatto anche male: almeno il buon vecchio Achille una volta eletto dopo averti dato prima del voto la scarpa sinistra, la destra te la faceva arrivare. Questi no, ti lasciano scalzo.

E va anche peggio sul fronte del lavoro. Non ci sono solo le centinaia di posti creati dalle società partecipate dagli enti pubblici, che hanno lasciato strascichi di disperazione, minacce di suicidio e proteste varie figlie di stipendi non pagati e di posti di lavoro senza futuro.

Ci sono anche le politiche del ribasso degli appalti praticate da società come la Fondazione universitaria, formata da enti pubblici, alla quale è affidata la gestione di alcuni servizi dell’Ateneo. Non sono operativamente coinvolti, ma il rettore dell’Università, il presidente della Regione Campania, i presidenti delle Province di Avellino e Salerno, i sindaci di Avellino, Salerno, Baronissi, Fisciano, Mercato San Severino e i presidenti delle Camere di commercio di Avellino e Salerno possono accettare serenamente che una società della quale sono “azionisti” possa conferire un incarico con un ribasso del 40 per cento, poco più della metà di quanto pagava in precedenza, senza farsi qualche domanda? Perché delle due l’una, o chi c’era prima lucrava in maniera spaventosa su questo lavoro o chi sta per arrivare svolgerà quel lavoro in condizioni drammaticamente diverse: offrendo un servizio peggiore o sottopagando chi dovrà farlo.

L’inaccettabile sta proprio qui e anche sul fatto che solo qualche decina di docenti universitari si sia schierata al fianco di questi lavoratori che dovranno accettare questa cattiva minestra perché costretti dallo stato di bisogno. Vero stile feudale.

La buona politica sarebbe quella di entrare nel merito e di colpire gli sprechi senza frugare nelle tasche degli ultimi o dei penultimi, come sempre più spesso accade. Purtroppo è la stessa politica che fa decidere ai consigli comunali (Salerno) di varare tariffe per i parcheggi con listini da gioielleria e con l’imbroglio dei cinque minuti di sforamento pagati come un’ora intera, la stessa politica che per far cassa svende la Centrale del latte (Salerno). Il tutto per realizzare discutibili colate di cemento (Crescent, ad esempio) per portare soldi nelle casse dei soliti e ben determinati privati (i costruttori). Robin Hood al contrario, purtroppo.

twitter @s_tamburini

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