il caso

San Matteo, slitta vertice in Prefettura. Percorsi da rivedere

I portatori negano i disaccordi per la “peregrinatio” ma non c’è l’intesa con i fedeli di Santa Margherita

SALERNO. «La presenza di San Matteo nei quartieri è un evento che valorizza l’aspetto religioso e il sostegno dell’intero Consiglio direttivo che non ha nessun sintomo di nervosismo». Perfetto, allora perché poi, giusto una riga dopo, buttarsi la zappa sui piedi puntualizzando «il rispetto della tradizione che vede i portatori impegnati nell’accompagnare e portare il santo anche nei quartieri, resta una prerogativa inamovibile e rispettata da tutti gli approfondimenti già in corso nei quartieri interessati con l’incontro con i portatori di Fratte e Sant’Eustachio già avvenuti»? Evitando, inoltre, nella nota diramata ieri – a conferma, pardon, a smentita, dei malumori che serpeggiano tra i portatori raccontati ieri su questo giornale – di tirare in ballo proprio la parrocchia con cui si stanno avendo, perché si stanno avendo, problemi di comunicazione, ossia Santa Margherita? Ce lo spiegassero i portatori della statua di San Matteo perché, come diceva qualcuno, “le parole sono importanti” e quelle scelte dal Consiglio direttivo delle paranze per redigere il comunicato inviato ieri alla stampa salernitana fanno ben capire che il nervosismo c’è eccome. Ma andiamo per ordine: la polemica di questa nuova edizione della festa patronale riguarda la “peregrinatio” che la statua di San Matteo farà in tre parrocchie lontane dal centro, Fratte, Sant’Eustachio e Santa Margherita, appunto. Con quest’ultima sembra che i portatori abbiano avuto qualche problema per via delle modalità attraverso le quali far arrivare il busto del santo in chiesa. I portatori di San Matteo vorrebbero consegnarlo direttamente al parroco don Sabatino Naddeo, i fedeli/portatori della chiesa ospitante vorrebbero invece avere l’onore di trasportare il santo anche solo per pochi metri una volta che questo faccia l’ingresso nel loro quartiere per una sorta di mini processione. Apriti cielo.

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Con questi presupposti quello che è andato più in crisi è don Michele Pecoraro, parroco del duomo, che continua a sottolineare come la sua idea di portare San Matteo nei quartieri fosse nata «per creare unione e non divisione», ovviamente. Ieri mattina, in Prefettura, il sacerdote ha preso parte a un incontro informale con i rappresentanti delle forze dell’ordine per stabilire nel dettaglio le modalità con cui effettuare le visite nei quartieri. Ma la nuova polemica tra i portatori ha inevitabilmente rimescolato le carte in tavola e così i partecipanti al tavolo si sono dovuti riaggiornare a quando anche questo polverone si sarà dissipato.

«Ero stato chiaro fin dall’inizio – ha affermato ieri don Michele, raggiunto telefonicamente – non si trattava di processioni anticipate ma di incontri di preghiera organizzati nelle parrocchie per far meglio conoscere la figura di San Matteo che, per quanto risulti assurdo, non è affatto conosciuta in città. Dovevano essere giorni di celebrazioni e catechesi sulla figura dell’evangelista. Poi alcuni fedeli hanno manifestato il desiderio di accogliere in grande stile la statua del santo e così si è pensato a un ingresso in chiesa scortato. Doveva essere un evento di grazia e invece il protagonismo ha creato ancora problemi. Così non si esalta il dono di Dio ma soltanto noi stessi».

La delusione è forte nella voce del parroco della cattedrale che non avrebbe mai pensato che anche un evento meramente religioso si tramutasse in una fiera delle vanità. Intanto i portatori ci hanno tenuto a far sapere che «non c’è nessuna divisione, nessun nervosismo, ma solo collaborazione sulla gestione di questo importante evento con i portatori delle chiese ospitanti, per i salernitani e l’intera comunità religiosa. Anzi è un momento importante di confluenza di buoni intenti e propositi che dobbiamo salutare con piacere e convinzione». Limitare la polemica allo zero sarebbe stato un buon inizio. Peccato, un’altra occasione sprecata.

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