Piero De Luca, dirigente del Pd, figlio del presidente della Regione, Vincenzo De Luca

L’EDITORIALE

Salerno: se magistrato e politico sono poco distanti

Quando politica e giustizia intrecciano le loro strade, i confini da non oltrepassare dovrebbero cominciare a delinearsi ancor prima di arrivare a quelli fissati dalla legge. A Salerno purtroppo non sempre è così

Quando politica e giustizia intrecciano le loro strade, i confini da non oltrepassare dovrebbero cominciare a delinearsi ancor prima di arrivare a quelli fissati dalla legge. E dovrebbe trattarsi di confini di garanzia e di rigidità nell’interesse dei cittadini ma anche dei personaggi coinvolti per spazzare ogni ombra, anche solo potenziale, di conflitto di interessi.

Uno di questi riguarda la netta separazione, anche solo precauzionale, di strade percorse fra inquirenti, investigatori e potenziali indagati. Purtroppo, qui nel Salernitano, tale confine viene spesso sfiorato e talvolta valicato. La rappresentazione plastica di tutto questo è racchiusa in due locandine (o meglio, prima e seconda versione della stessa locandina) di un’iniziativa legata alla propaganda referendaria per il Sì in programma dopodomani, venerdì 14, a Nocera Inferiore con titolo (“Ragione pubblica”) e sottotitolo (“Semplificazione e legalità”) in qualche modo indicativi.

Inizialmente gli organizzatori avevano messo allo stesso tavolo, fra gli altri, il magistrato Vincenzo Montemurro della Direzione distrettuale antimafia e Piero De Luca, dirigente del Pd presentato come referendario della Corte di giustizia europea, e figlio di Vincenzo, ex sindaco di Salerno e presidente della Regione Campania.

La prima versione della locandina

Inizialmente, perché dopo un paio di giorni di battage, la locandina ieri pomeriggio si è trasformata come d’incanto e il nome del magistrato è scomparso.

Cosa sia accaduto nel frattempo, non è dato sapere. Di sicuro all’inizio era sfuggita la necessità che due persone come queste vivessero molto a distanza anche le proprie passioni politiche. Il perché non dovrebbe sfuggire: Vincenzo Montemurro è il magistrato che indaga sul tesseramento del Pd e sui sospetti brogli alle primarie di quel partito (lo stesso dei De Luca padre e figlio) per la scelta del segretario regionale. Indagine che poi si è allargata ad altre primarie, quelle indette per individuare i candidati al Parlamento.

In questo contesto alcune intercettazioni fanno emergere un ruolo quantomeno ambiguo di Enrico Esposito, amministatore delegato (insieme con il fratello Armando) della Esa costruzioni, impresa legata alla realizzazione della megapiazza della Libertà a Salerno. Per gli inquirenti, Esposito concorderebbe al telefono delle modalità per truccare le primarie in favore di Fulvio Bonavitacola, braccio destro e attuale vice presidente della giunta regionale presieduta da Vincenzo De Luca.

Non solo: per la Dda, questo sarebbe uno dei tasselli di un mosaico più ampio e riguarda l’intera gestione del partito provinciale e delle società partecipate del Comune di Salerno. Ci sono persone finite sotto inchiesta per minacce ai seggi che sono legate agli ambienti del Pd e delle partecipate del Comune. Certo, tutto da dimostrare ma questo è quello sul quale sta lavorando il magistrato. Al di là dell’esito dell’inchiesta, ancora aperta e sulla quale si dovrà esprimere la stessa magistratura nelle varie fasi del procedimento, è del tutto evidente che la presenza allo stesso tavolo di una conferenza di Piero De Luca e Vincenzo Montemurro sarebbe stata quantomeno inappropriata. Se ne sono accorti in extremis ma la brutta figura resta.

La seconda versione della locandina

Montemurro, peraltro, è anche il magistrato che ha ereditato indagini su altre vicende legate all’operato di Vincenzo De Luca da sindaco. Vicende poi concluse con l’assoluzione. L’inopportunità di questa partecipazione del magistrato – peraltro benedetta anche dalla presenza del sottosegretario alla Giustizia, Gennaro Migliore – era palese e vien da chiedersi perché sia stata anche solo ipotizzata e concretizzata con un annuncio formale.

In un campo così delicato, ragione pubblica, semplificazione e legalità, dovrebbero cominciare proprio da cose come queste. E cioè dal comprendere e far comprendere che più si alza il livello e più i confini fra diversi poteri e potenziali conflitti di interesse dovrebbero arrivare ancora prima di quanto stabilito da codici e codicilli. Purtroppo, al di là della toppa piazzata in extremis, così non è. Ed è molto preoccupante.

twitter: @s_tamburini

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