la vertenza

Salerno scade la cig, operai di nuovo nell’incubo

Oggi l’ultimo giorno di cassa integrazione per i 120 dipendenti. Pressing sul Ministero per ottenere una proroga

SALERNO. Dopo tre mesi di quiete da quell’ultimo incontro in Regione datato 3 marzo, per le Fonderie Pisano e i suoi lavoratori tornano scadenze ed impegni sempre meno prorogabili. Scade oggi infatti il periodo di cassa integrazione in deroga ottenuta lo scorso novembre da sindacati e azienda. Un traguardo importante quello raggiunto sei mesi fa, che ha permesso sei mesi di relativa serenità ai 120 dipendenti a rischio e ha consentito di riporre nuove energie sia per un parziale recupero delle commesse perse sia per ulteriori verifiche sui possibili siti per la delocalizzazione. La Cgil si è già mossa la scorsa settimana, richiedendo in Regione e al Ministero del Lavoro una proroga ai termini della cassa per altri sei mesi. La risposta non è ancora arrivata, ma i delegati dei lavoratori sono all’opera per trovare una soluzione. «Entro lunedì (domani ndr) ci attendiamo una risposta da Roma – ha spiegato Francesca D’Elia, segretario provinciale della Cgil Fiom – Nel caso non sia possibile, da martedì lavoreremo per un’alternativa. Mantenere attivo uno strumento d’ammortizzazione è il nostro principale obiettivo, in vista di un progetto di delocalizzazione concreto che ci potrà permettere anche di arrivare alla cassa integrazione straordinaria in caso di lavori sul nuovo sito».

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Tra le opzioni principali vi è quella del contratto di solidarietà: «Questa ipotesi – continua D’Elia – ci permetterà di ridurre solo in minima parte lo stipendio dei lavoratori, gravando in maniera minima sull’azienda, che pagherebbe stipendi in base alla mole di lavoro prodotta mentre il restante sarebbe a carico dell’Inps. Facendo così, l’orario di lavoro potrà arrivare a una riduzione massima del 70 per cento per un periodo di 12 o 24 mesi. Il problema è che si tratterebbe davvero dell’ultima spiaggia». Già, senza contare che a giugno vi sarà l’udienza in Cassazione sull’appello presentato dalla Procura contro il dissequestro dell’impianto. I lavoratori temono che la Corte possa riapporre i sigilli. «È comunque una situazione in bilico – ammette il segretario della Cgil Fiom – La delocalizzazione è necessaria in ogni caso. Abbiamo fiducia nell’azienda e sappiamo che i Pisano si stanno muovendo in maniera seria, seppur senza annunci ufficiali. C’è preoccupazione per il calo del fatturato ma la speranza è che prima dell'inizio dell’estate si abbia un sito e una procedura di trasloco effettiva».

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Capitolo siti. Non si parla più solo del Salernitano. Il timore di un ennesimo rifiuto da parte di una delle amministrazioni comunali che da qui a breve potrebbero essere chiamate in causa, è alto. Nonostante un piccolo recupero delle commesse (si parla di poco meno del 30 per cento) e di una produzione che non supera i tre giorni di lavoro per settimana, la volontà della famiglia Pisano, secondo fonti interne all’azienda, è quella di proseguire con l’attività. Altrove se necessario, portando l’ennesima industria fuori dal tessuto salernitano. Ed è per questo che sarebbero spuntati anche altri siti, in fase di valutazione, sia nella provincia d'Avellino che nel Foggiano, dove i Pisano hanno già una fonderia, sebbene più piccola e con compiti diversi da quella di via dei Greci.


Infine il capitolo anti-fonderie. Il comitato salute e Vita rinnova la sua richiesta d’incontro con il presidente della Regione Vincenzo De Luca e continua con la raccolta firme per il ricorso da presentare alla Corte dei diritti dell’uomo a Strasburgo, contro le istituzioni italiane accusate di aver proceduto con troppa inerzia sul caso delle fonderie Pisano.

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