Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca

L’EDITORIALE

Salerno, quando i rivali aiutano il Capo dei Capi

L’altra faccia del deluchismo è rappresentata da oppositori, o meglio presunti tali, che non si sa quanto inconsapevolmente finiscono per lavorare alla causa di chi credono di combattere. Con questo scenario, il fortino deluchiano può temere solo eventuali e per ora remote autoimplosioni

L’altra faccia della medaglia è una faccia senza faccia. Nella Città del Capo (dei Capi) non c’è solo uno strapotere alimentato dalla macchina infernale della gestione del consenso per fare altro consenso, dalla disinformatja e da antichi meriti nel nome

leggi anche: Il presidente della Regione, Vincenzo De Luca La falsa favola di Salerno città europea Una favola fragile come un castello di sabbia, costruita su una sequenza di colossali mancate verità, un po’ festival dell’illusionismo e un po’ cabaret. È quella che da anni alimenta il falso mito di Salerno città europea. La logica del potere per il potere in qualche modo regge anche se scricchiola. Quando le crepe saranno evidenti la consapevolezza di sicuro crescerà ma potrebbe essere troppo tardi
, costruita su una sequenza di colossali mancate verità.

leggi anche: Roberto e Piero De Luca, figli di Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania Salerno? No, ormai è Città del Capo (dei capi) A questo punto manca solo l’ultimo atto: il cambio di nome, da Salerno a Città del Capo (dei capi). L’assolutismo, in questa fase dell’anno XXIII dell’era di Vincenzo De Luca, sta volgendo ormai verso il delirio di onnipotenza: all’interno del Palazzo e anche fuori, al motto di “non avrete altro Capo all’infuori di me”

L’altra faccia della medaglia è quella di oppositori, o meglio presunti tali, che non si sa quanto inconsapevolmente finiscono per lavorare alla causa di colui che credono di combattere. Lo fanno con un autogol dopo l’altro. Il presidente della Regione ed ex sindaco (di fatto ancora sindaco) Vincenzo De Luca – volendo utilizzare una metafora calcistica – non è più l’attaccante da 30 gol a stagione, quello dell’inizio dell’era del potere. Ogni tanto, nel suo monologo tv del venerdì, finisce per “confessare” di giocar di rimessa: lo ha fatto anche durante l’ultimo show quando in sostanza ha detto, rivolto ai sostenitori del No al referendum costituzionale: «Se lo fate per contestare Renzi, sappiate che non ha senso, perché nessun presidente del Consiglio ha mai mandato tanti soldi in Campania come lui».

Tutto qui: nessuna domanda sul come si spendono e a cosa servono quei soldi, tanto l’obiettivo è solo distribuire mance agli amici. Ma tant’è: è questa la filosofia base del deluchismo, nell’anno XXIII, quello in cui è necessario consolidarlo ai posteri attraverso un trapasso monarchico. Si sa: uno dei figli, va fatto assurgere al ruolo di plenipotenziario dei voti trasformando il referendum costituzionale in plebiscito.

leggi anche: L'ex sindaco Vincenzo De Luca e l'arcivescovo Luigi Moretti quando ancora si rivolgevano la parola Salerno nel nome del padre, dei figli e... Cosa si nasconde dietro il fallito boicottaggio di San Matteo. L’attacco all’arcivescovo non è solo un attacco alla Curia e al suo voler fare della processione una cosa seria senza negare tutto il resto: è un attacco all’uomo che sta dimostrando che anche al Capo dei Capi si può dire no, che ci sono momenti in cui la prima fila può toccare ad altri. Ed è proprio questo che l’ex sindaco oggi presidente della Regione non può tollerare

E in un momento in cui, di fatto, la gestione del potere è un gigantesco affare di famiglia, da uno dei fronti della potenziale alternativa, cosa spunta?Un altro affare di famiglia, impersonato dal deputato del Movimento 5 Stelle, Girolamo Pisano, in nome e per conto dell’omonima azienda del parentado che si occupa di ascensori.

Pisano è entrato a Montecitorio nelle liste bloccate del movimento sulla spinta di ben 51 voti alle Parlamentarie, roba da franchi tiratori anche fra gli amici più cari. Ne abbiamo già parlato, riassumo per chi se lo fosse perso: si è presentato a una riunione di una commissione parlamentare (di cui non fa parte) per “spingere” una legge che imporrebbe controlli più frequenti sugli ascensori e, quindi, flusso di denaro per gli “ascensoristi”. Un palese e smaccato conflitto di interessi, che lui ha continuato a difendere con argomentazioni alla conte Mascetti di “Amici miei”, quello delle supercazzole. Iniziativa isolata? Può darsi, ma dal Movimento 5 Stelle non si è levata neanche una voce di dissenso. E il pubblico neutrale cosa deve pensare se non l’immancabile “sono tutti uguali” e il conseguente “se devo scegliere fra chi si fa gli affari propri allora meglio l’originale”?

leggi anche: Il presidente della Regione, Vincenzo De Luca Salerno, il Capo dei Capi e la catena di san Vincenzo L’attacco alle inchieste per abuso, l’incoraggiamento ai politici amici a fregarsene, i soldi distribuiti come i carrarmati di Mussolini (pochi, sempre quelli ma fatti vedere più volte per farli sembrare tanti) e le offese ai rivali. La strategia del presidente De Luca è chiara: far capire che conviene star dalla sua parte perché i rubinetti li manovra lui. Così fra centrosinistra e centrodestra le differenze si annacquano, conta solo la fedeltà

Il Capo, i grillini li attacca in modo becero, talvolta offensivo e per questo inaccettabile. Ma, andando così le cose, dovrebbe fare in modo di sostenerli. Del resto sono gli stessi che, con un patrimonio potenziale di partenza del 20 per cento dei voti, quando si è trattato di scegliere un candidato sindaco da contrapporre a quello che poi sarebbe diventato il secondo cittadino al servizio del Capo, di meglio non hanno trovato che prendersi a seggiolate e lasciar perdere.

Questo è, purtroppo. Perché poi singolarmente, molti di quelli che alimentano quell’ala del dissenso, avrebbero anche idee di cambiamento, roba seria e meritevole di attenzione. Ma non organica a una proposta compatta e dentro le istituzioni, quindi di fatto inutilizzabile.

E non va peggio con l’altra faccia della potenziale alternativa, quella di centrodestra. L’ultimo autogol è di Gaetano Amatruda, vice coordinatore provinciale di “C’era una volta Forza Italia”, che ha concentrato le sue attenzioni sul fatto che l’attuale secondo cittadino, non avrebbe occupato la stanza del Capo, suo predecessore, in segno reverenziale. Rimediando una raffica di documentate smentite e una brutta figura celestiale. Un colossale errore di bersaglio, perché Vincenzo Napoli è più che attaccabile per l’atteggiamento, la stanza è dettaglio insignificante. Che ci sarebbe stato da dire se, proprio per tenersi lontano da ambienti pieni di “orecchie fedeli” e presidiati dal supersassessore figlio del Capo, per fare sul serio avesse scelto una stanzetta defilata proprio come fece il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa quando andò a Palermo a fare il prefetto? La stanza non è sostanza, la sostanza è altro. Ed è su questo “altro” che l’opposizione è spuntata, spesso assente o a rimorchio di comitati di cittadini. La qualità del servizio raccolta di rifiuti cala e il costo aumenta a livelli inaccettabili, gli autobus sono carri bestiame, il traffico è da manicomio, le tariffe dei parcheggi sono da rapina, si svendono gioielli di famiglia (centrale del latte) per far realizzare opere utili solo agli affari dei privati (Crescent). Il tutto nel rumoroso silenzio della minoranza e nel chiasso di alcuni gruppi social, unica vera opposizione di fatto.

E lo stesso avviene per le periferie in costante abbandono al pari di strutture di prestigio nel centro storico, per i milioni in fumo per opere incompiute. Per non parlare poi del campo occupazionale, con i posti di lavoro fantasma partoriti da aziende partecipate. E, soprattutto, con il pasticcio delle Fonderie Pisano, frutto di una ventennale politica dello struzzo.

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Nel frattempo il Capo dei Capi prosegue la sua campagna acquisti nel campo avverso. Vecchi arnesi reduci dal postfascismo come – due nomi fra tanti – Gerardo Motta (a Battipaglia, poi non eletto) e Manlio Torquato (Nocera Inferiore) sono già dalla sua parte. Il Pd, inteso come Partito deluchiano, imbarca chiunque sia pronto a spedire le labbra a un indirizzo nuovo nel segno del motto non scritto del novello Partito della razione: “Ce n’è per tutti (noi) e che gli altri si arrangino”. È, di fatto, un gruppo di potere che si autoalimenta, che considera il resto poco più che folklore. E con questo scenario, il fortino deluchiano può temere solo eventuali e per ora remote autoimplosioni. Così è se vi piace. E anche se non vi piace. Purtroppo.

twitter: @s_tamburini

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