Salerno, la Procura chiude le indagini sul Trincerone Est

Mandato di pagamento fasullo, confermata l’accusa all’imprenditore Andreozzi. Archiviata l’ipotesi di una truffa sui fondi con la complicità di dirigenti municipali

SALERNO. Si chiude con l’accusa di falso all’imprenditore Pietro Andreozzi l’inchiesta sul Trincerone Est, per il quale la Procura aveva ipotizzato anche una truffa all’Unione europea con la certificazione di stati di avanzamento mai realizzati. Dopo mesi di acquisizioni documentali e intercettazioni, il sostituto procuratore Silvio Marco Guarriello ha firmato una richiesta di archiviazione per il reato di truffa confermando invece al costruttore l’accusa di falso, per la contraffazione di un mandato di pagamento servito a ottenere un’anticipazione bancaria. Andreozzi resta l’unico indagato, mentre dall’inchiesta escono sia l’imprenditore Domenico Pirozzi della srl Fadep (capofila dell’associazione d’imprese che con la Andreozzi costruzioni si è aggiudicata i lavori) sia l’ex dirigente del settore Lavori pubblici del Comune, l’ingegnere Domenico Barletta, che nell’appalto per il trincerone ha ricoperto l’incarico di responsabile unico del procedimento.

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Nell’avviso di conclusione delle indagini notificato ad Andreozzi l’accusa ruota attorno a un certificato di pagamento che risultava emesso dal Comune il 2 febbraio del 2015 e che la ditta avrebbe presentato in fotocopia alla Banca di credito cooperativo di Battipaglia e Montecorvino per ottenere un’anticipazione di denaro. È un mandato di circa 570mila euro, ritenuto “non autentico” e che sarebbe stato redatto prendendo a modello uno precedente firmato da Barletta nel novembre 2014. Il 2 febbraio 2015, invece, l’ingegnere non era nemmeno in servizio e la firma apposta sul documento non poteva essere la sua. A Palazzo di Città mancava dal 29 gennaio, per un periodo di malattia, ed è rientrato solo il 4 febbraio.

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Quando dall’istituto di credito il mandato sospetto è stato inviato agli uffici municipali, il nuovo dirigente dei Lavori pubblici, l’ingegnere Giovanni Micillo, ha notato le anomalie e ha presentato denuncia alla Digos. L’indagine è venuta allo scoperto un anno fa, quando gli inquirenti hanno perquisito alla ricerca di prove sia gli uffici comunali che la sede della Andreozzi costruzioni. Da quella fotocopia sospetta è partito pochi giorni dopo un altro filone d’inchiesta, volto a verificare se nella certificazione degli stati di avanzamento vi fossero stati “favori” alle imprese, consentendo l’incasso di finanziamenti europei per lavori non ancora eseguiti. Gli apprfondimenti hanno consentito alla Procura di escludere uno scenario di questo genere, lasciando invece intatta l’accusa di falso. L'avvocato Antonio Ciliberti, che difende Andreozzi, ha presentato anche su questo aspetto memorie difensive, evidenziando tra l’altro che la copia del mandati di pagamento è stata consegnata alla banca non dall’imprenditore ma dagli uffici della ditta, e che trattandosi di un presunto falso su una fotocopia e non su un originale il reato non sarebbe configurabile. Tesi che almeno finora non hanno convinto il magistrato.

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