stop fonderie pisano

Niente cassa integrazione, dramma per 150 famiglie

Da domani sera gli operai si troveranno senza lavoro e senza più un reddito

SALERNO. Che per i lavoratori delle Pisano sarebbe stata un’estate calda lo si era capito già da tempo. Si era in attesa dei sopralluoghi dell’Arpac a macchinari accesi e dell'incontro del 30 giugno tra sindacati, maestranze, azienda, Regione Campania e Ministero dello Sviluppo economico per trovare una soluzione a breve scadenza per la delocalizzazione, ma l’atto della Procura di Salerno ha colto tutti di sorpresa. Azienda e lavoratori in primis, con un sindacato che ora dovrà bruciare le tappe degli incontri istituzionali se vorrà tentare di salvare almeno il salvabile. Perché di questo si tratta. A rischio 150 posti di lavoro.

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I lavoratori delle Fonderie Pisano, circa 150 unità con relative famiglie, dal momento dell’applicazione dei sigilli domani alle ore 20, si troveranno in piena inattività. Il rischio è alto e cresce la preoccupazione dei lavoratori che, come dichiara anche il rappresentante sindacale Angelo Clemente, sono al limite: «La situazione è critica - ha ammesso Clemente Lunedì mattina ci riuniremo in assemblea prima di spegnere tutto e permettere l’applicazione dei sigilli. Stiamo valutando come comportarci. Di sicuro, se si dovesse arrivare al punto di non ritorno, anche noi valuteremo se effettuare o meno le nostre denunce, non solo verso chi ha aperto questa lotta contro le fonderie in maniera indiscriminata, ma anche verso le istituzioni che non hanno tutelato il lavoro».

Niente cassa integrazione. Non sono previsti altri ammortizzatori sociali. Per i dipendenti si prospetta o la rinascita tramite una delocalizzazione in extremis o il licenziamento. «Con la nuova legge del Job Act – continua il rappresentante sindacale – per il nostro caso non è prevista nessuna forma di ammortizzatore. L’unica fonte di guadagno è l’azienda, ma rimanendo inattivi, per quanto potrà durare? Ci sono lavoratori che senza un lavoro rischiano di perdere tutto. Senza segnali da parte delle istituzioni, l’ombra del licenziamento e della chiusura definitiva è su tutti e 150 i lavoratori. Una tragedia che si sta consumando senza che nessuno faccia nulla».

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La tensione è alta, come ha dimostrato anche lo scontro tra i membri del comitato e il fronte sindacato-lavoratori andato in onda senza esclusione di colpi ieri pomeriggio. Da un lato, Lorenzo Forte e gli altri attivisti che hanno accusato la Cgil di non aver difeso i lavoratori e a loro salute e di aver nascosto la mancanza di documentazioni su cui la Procura ora sta indagando. Dall'altra, Anselmo Botte, segretario della Cgil che ha ribadito la posizione del sindacato e il dramma che si sta abbattendo sulle famiglie di lavoratori.

La Cgil e l’incontro al Ministero. «Dalla Procura – dichiara Botte – vogliamo sapere se questa azienda, oggi così com’è, obsoleta e da demolire, può continuare a lavorare in sicurezza a patto che s’inizi a lavorare per una delocalizzazione seria e veloce, senza altri intoppi, partendo dall'incontro di giovedì prossimo al Ministero dello Sviluppo chiesto dalla Cgil. Non commentiamo le esternazioni senza fondamento – ha ribadito Botte – Il comitato si è tirato indietro mentre stavamo portando avanti un discorso insieme. Noi comunque non ci fermeremo qui. Il 30 giugno al Ministero faremo valere le nostre motivazioni. Ci siamo sempre attenuti a quello che ci riferivano gli Enti di controllo, rispettando la magistratura per la sua iniziativa così come le relazioni dell’Arpac. Avremmo potuto fare qualche manifestazione in più, ma non si dica che non ci siamo interessati della salute dei lavoratori e dei cittadini. Sono vent'anni che sosteniamo che occorre delocalizzare, ma la politica dov’era? Le istituzioni dov’erano? Non siamo più ad uno stop come quelli precedenti. La gravità è drammatica. Al Ministero spingeremo per la delocalizzazione e per avere un aiuto anche economico per i lavoratori».

Sulla vicenda ieri è intervenuta pure Maria Di Serio, segretario generale Cgil Salerno, per la quale «la convocazione al Ministero del Lavoro apre un nuovo percorso per l’annosa vicenda delle fonderie Pisano. La richiesta di delocalizzare le attività dell'industria, assicurandone la ripartenza in uno stabilimento all'avanguardia, non solo renderebbe l'azienda più competitiva, assicurando la continuità lavorativa, ma renderebbe praticamente nullo il rischio per la salute di lavoratori e cittadini».

Nel merito del provvedimento la Di Serio ritiene che «la sospensione delle attività con i sigilli della Procura interviene in un percorso già chiaro per il sindacato, non modificandone la posizione prima descritta. Ovviamente, la magistratura farà il suo corso e, se fossero chiare le responsabilità penali oggi ipotizzate, ci sarebbe una conseguente azione giudiziaria verso i colpevoli. Ma il percorso sindacale è chiaro: il futuro delle fonderie passa attraverso la tutela del lavoro e della salute. Non ci può essere la prima senza l’altra».

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