L’EDITORIALE

Il triste filo che unisce Crescent e Fonderie

Da una parte la contrapposizione fra potere e bene comune, dall’altra quella fra salute e lavoro e in entrambi i casi una visione distorta del ruolo di tutela degli interessi collettivi

Il sabato del villaggio non regala molte gioie nell’attesa di una domenica preelettorale, l’ultima prima della resa dei conti nelle urne. La propaganda finora sonnacchiosa si svolge sempre sullo sfondo di annose questioni sempre uguali, tra promesse fatte con ciò che una volta era il ciclostile e che adesso si chiama copia-incolla: diremo, faremo, vedremo. Il tutto sullo sfondo di una sorta di gioco dell’oca dove le istituzioni o gli organi di rappresentanza ormai non si sa più se siano dadi da tirare o caselle da occupare. Che si parli di opere da costruire (Crescent) o da spostare o demolire (Fonderie Pisano), la solfa, purtroppo, è sempre quella.

Il sabato salernitano ha così offerto spunti simili a quelli di altre giornate di tenzone. A partire da quelli sull’immancabile Crescent, ecomostro a due passi dal mare, nobilitato dalla firma di un architetto famoso che ha riciclato un progetto di seconda mano nel punto più sbagliato del mondo: un obbrobrio che piace solo a quelli che devono dirlo per contratto o per convenienza e che sta venendo su come un outlet autostradale fra colonne finte e promesse di fasti che non si sa se mai ci saranno. Nel frattempo, oltre al buon gusto, ha “ucciso” il commercio, la movida e la vivibilità del centro storico. Quelli del Comitato anti-Crescent e di Italia Nostra promettono altre dure battaglie e, oltre a vecchie e nuove accuse, da poco abbiamo appreso che il Comune – grazie a una sentenza della Cassazione – ci ha rimesso sei milioni di oneri non dovuti, per la gioia del costruttore. E il bello, o il brutto, è che dentro il palazzo comunale nessuno si sta stracciando le vesti. Anche perché i soldi buttati per un frettoloso “riscatto” dal demanio sono molti di più. Denaro davvero buttato, perché sarebbe bastato attendere due anni per avere gratis quelle aree. Ma tant’è, ormai è andata. E alla lista ci potremmo aggiungere anche i gioielli di famiglia (su tutti la centrale del latte) sacrificati sull’altare di questo monumento allo spreco e al nonsenso.

L’altra storia di parte in commedia recitata dagli attori sbagliati è quella che vede il principale sindacato, la Cgil, messo sotto accusa da parte del Comitato “Salute e vita”, quello che tiene insieme familiari e persone colpite da lutti e malattie con concentrazione più che sospetta nella zona di Fratte e della valle del’Irno.

Cioè là dove si trova l’ultimo insediamento di industria pesante, le Fonderie Pisano, da tempo al centro di ben più di un sospetto. I membri di questo comitato hanno deciso di rivolgersi ai “capi”, al segretario nazionale della Cgil, Susanna Camusso, e al numero uno della confederazione dei metalmeccanici (la Fiom Cgil) Maurizio Landini. Lo hanno fatto con una lunga missiva nella quale in sostanza si accusa la Cgil salernitana di aver giocato nel campo sbagliato, con una serie di esempi che vedono i rappresentanti locali sostituirsi a quelli della proprietà nelle dichiarazioni che confutano le ordinanze di sospensione delle attività e di chiusura da parte della Regione e dell’agenzia regionale per la protezione ambientale. Per non parlare poi della scarsa tutela dei lavoratori, a partire dal non aver mosso un dito quando la fabbrica non era in regola con la certificazione anti-incendio.

Da una parte la contrapposizione fra potere e bene comune, dall’altra quella fra salute e lavoro e in entrambi i casi una visione distorta del ruolo di tutela degli interessi collettivi.

E purtroppo non c’è molta fiducia che i prossimi sabati del villaggio possano offrire prospettive diverse e magari si trattasse solo di tristezza e noia. Qui i rischi sono molto più alti: nel primo caso di rovinare per sempre un panorama stupendo peraltro senza reali vantaggi per la collettività; nel secondo di non riuscire a chiudere per sempre e senza danni una delle storie più brutte che siano mai state scritte da queste parti. E in quel “senza danni” ovviamente il riferimento è anche ai lavoratori delle Fonderie che, mal guidati, hanno pensato di perseguire l’interesse comune restando succubi di una situazione di degrado insostenibile e che adesso si sta ritorcendo anche contro i loro interessi. Sono loro le altre vittime che si stanno aggiungendo a un lungo elenco purtroppo di ben altro genere, e questo a prescindere dal fatto che vengano comprovati o meno i legami fra le emissioni e la scia di lutti. Solo che questi lavoratori, dopo anni trascorsi a sentirsi raccontar solo favolette, vedono come nemici i personaggi sbagliati.

Insomma, un sabato del villaggio che preannuncia tutto fuorché una festa. Ma tant’è, c’è chi domani e nei giorni a venire continuerà a raccontarci una vita fatta di lustrini, ricchi premi e cotillon. Finti come i rivestimenti delle colonne del Crescent, tristi come la ruggine delle Fonderie.

twitter: @s_tamburini

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