Ciro D'Onofrio

L'INCHIESTA

D'Onofrio punito per uno sgarro: otto perquisizioni tra Matierno e Pastena

Al vaglio i rapporti dell'uomo con gli Stellato e il gruppo Iavarone

SALERNO - Otto perquisizioni, cinque ieri mattina e tre già nella serata di domenica, e altrettanti sospettati. La Squadra Mobile di Salerno, su delega della Pm Katia Cardello della Procura della città capoluogo, indaga senza sosta su chi può aver ammazzato Ciro D’Onofrio, il 35enne di Matierno, con tre colpi di pistola nell’area dell’isola pedonale di viale Kennedy, nel quartiere Italia. I controlli serrati sono stati effettuati sia nella zona orientale, dove è avvenuto l’agguato, che nella zona di Matierno, dove l’uomo era nato e tornava spesso per trascorrere il tempo libero con i familiari. Nel mirino sono finiti diverse persone già note alle forze dell’ordine, che con D’Onofrio, nel recente passato e non, hanno avuto rapporti. L’ipotesi del regolamento di conti legato alla droga nel “day after” dopo l’omicidio si è arricchito di un altro particolare: chi ha ordinato la morte di D’Onofrio lo ha fatto da Matierno, lontano dunque dalla zona dove poi si è verificato il fatto.

Ciò fa pensare che D’Onofrio, esponente di spicco del gruppo Iavarone, vicino a Giuseppe Stellato alias “Pappacchione”, negli ultimi tempi avesse interrotto i rapporti con i gestori della zona collinare, nonostante fosse il nipote di Ciro Caserta. Il trasferimento a Sant’Eustachio, infatti, lo avrebbe indotto a portare avanti un altro stile negli affari. Proprio questo, infatti, ha creato una sorta di rottura che, nei mesi scorsi, è diventata insanabile.

A Matierno nei mesi scorsi sono stati due i gambizzati eccellenti che hanno fatto pensare alla faida tra clan per il controllo dello spaccio in città: Gennaro Caracciolo alias “O Camoscio” e Silvio Francescelli. Ma nel mezzo di questi due episodi c’è tanto altro, come la spedizione punitiva al Susy Bar. Proprio nell’inverno scorso, ignoti, armati di mazze da baseball fecero irruzione nel locale per pestare un uomo. Su quella vicenda i carabinieri indagano ancora, ma i fatti non sono mai stati ricostruiti del tutti. Si è riusciti a risalire solo al numero di targa di un’auto. Quella vettura, secondo gli inquirenti, era guidata proprio da D’Onofrio. Tutto, però, non ha mai avuto un seguito, con gli inquirenti che hanno continuato a cercare di dare un senso logico alla spirale di violenza maturata a Matierno. Ecco perché gli investigatori credono che D’Onofrio, in ascesa nel gruppo degli Iavarone e forse molto vicino a “Pappacchione”, abbia dato fastidio ai “vecchi” amici di un tempo. Tanto da decidere la morte dell’uomo padre di due figli.

Nel frattempo la Squadra Mobile ha ricostruito gli ultimi istanti di vita del 35enne. D'Onofrio è stato avvicinato da un’ignota mano armata, giunta sulla pista ciclabile della zona orientale con ogni probabilità in sella a un mezzo a due ruote (si ipotizza uno scooter di grossa cilindrata), e colpito alle spalle da tre proiettili all’altezza del torace. Che non gli hanno lasciato scampo: l'uomo era vicino al suo motorino, un Piaggio Free, e probabilmente si è accorto dell'agguato in atto. Ha inserito le chiavi nel quadro d'accensione per provare una fuga ma il suo tentativo è risultato inutile. Così ha iniziato a correre, ma dopo essere stato attinto dai colpi si è appoggiato a un albero, ha percorso - lasciando numerose tracce di sangue - pochi metri verso il chiosco-bar per cercare aiuto, appoggiandosi alla ringhiera che delimita l'area della scuola Quasimodo. Qui, ormai privo di forze, si è lasciato andare, stramazzando al suolo sotto le fronte di un altro albero. Un'azione mirata, studiata a tavolino, giunta in luogo simbolo per la criminalità della città d'Arechi. Quell'area del Quartiere Italia è attenzionata da tempo dalle forze dell'ordine. Negli ultimi anni, infatti, proprio in quella zona sono stati effettuati diversi blitz che hanno sgominato organizzazioni già ramificate impegnate in particolare nello spaccio di sostanze stupefacenti. Le indagini della Squadra Mobile della Questura di Salerno, agli ordini del vicequestore Lorena Cicciotti, si sono dirette immediatamente in quest'ambiente: D'Onofrio, infatti, ha nel suo curriculum criminale anche il coinvolgimento in un'operazione antidroga del 2003 che portò alla decapitazione del gruppo degli spacciatori del clan guidato dallo zio Ciro Caserta.

Al vaglio ci sono anche tutti i filmati degli occhi elettronici presenti in zona. Dai video, infatti, gli inquirenti sono riusciti, almeno per ora, a ricostruire la via di fuga dell’auto che ha sfrecciato per le zone adiacenti viale Kennedy poco dopo la morte del 35enne.

Dopo l’esame esterno era prevista una relazione da parte di Giovanni Zotti, medico legale incaricato dalla Procura, agli inquirenti. Ma il professionista salernitano attenderà direttamente l’autopsia prima di pronunciarsi definitivamente. L’esame, molto probabilmente, sarà effettuato tra domani e giovedì e servirà per comprendere da quale distanza ha sparato l’assassino di D’Onofrio, oltre a capire se la vittima è morta sul colpo o dopo diversi minuti di agonia.

leggi anche: Omicidio D'Onofrio, il racconto choc: «Ho sentito il rumore dei colpi»  Una giovane liceale con un’amica e la cugina si trovava in zona

Nell’immediatezza del fatto sono stati ascoltati anche i familiari della vittima, che però avrebbero offerto pochi spunti investigativi agli agenti della Mobile. D’Onofrio negli ultimi tempi aveva avviato anche una pescheria, ma da qualche mese non aveva più un’attività fissa. Chi lo conosce bene parlava di un uomo tanto amorevole con i suoi cari, che aveva deciso di allontanarsi da un certo tipo di via. Domenica sera, però, i conti del passato non gli hanno lasciato scampo a pochi passi dalla sua nuova casa.