Al bar invece che a lavoro, a Salerno condannati in quattro

Pene da sette mesi a un anno per il personale in servizio alla Pinacoteca. In alcuni la struttura era aperta in ritardo o chiusa in anticipo

SALERNO. I carabinieri li avevano filmati mentre in orario di servizio erano al bar, a passeggio o a fare shopping; ieri per quattro lavoratori della Pinacoteca provinciale è arrivata la sentenza di primo grado, che li condanna a pene da sette mesi a un anno e dispone il risarcimento del danno a Provincia e Arechi multiservice per le ore di lavoro retribuite e mai effettuate. Nel dispositivo emesso nella tarda serata di mercoledì il giudicemonocratico Fabio Zunica ha differenziato le pene a seconda del numero di episodi contestati a ciascuno degli imputati, condannando a 1 anno Samanta Gigantino e Luca Grimaldi (assunti nei locali di via Mercanti quali addetti della multiservice provinciale), a 9 mesi Gerardo Brucale di Vietri sul Mare e a sette mesi Vincenzo Sorgente di Pontecagnano, che erano invece alle dirette dipendenze della Provincia. Alla pena (sospesa) si accompagna la condanna al risarcimento del danno al datore di lavoro: Gigantino e Grimaldi dovranno restituire tremila euro a palazzo Sant’Agostino e mille alla società partecipata, Brucale e Sorgente pagheranno alla sola Provincia la somma di duemila euro.

Le indagini. Il blitz antiassenteismo scattò nel 2009. Nelle carte dell’inchiesta, condotta dal sostituto procuratore Rocco Alfano, si legge che i quattro imputati si sarebbero procurati un ingiusto profitto percependo dall’Amministrazione provinciale una quota di retribuzione non dovuta, in quanto non rispettavano l’orario di servizio «pur facendo apparire, con artifizi e raggiri, regolarmente adempiuti i propri turni lavorativi». A farne le spese sarebbe stata in alcune occasioni la stessa operatività della pinacoteca, che in alcuni giorni sarebbe stata chiusa in anticipo o aperta in ritardi e risultava quindi inaccessibile in orari in cui invece doveva essere aperta al pubblico. Le indagini dei carabinieri evidenziarono assenze che andavano dal quarto d’ora alle due ore. I dipendenti furono pedinati e filmati mentre, in orario di lavoro, erano al bar con gli amici, a fare acquisti nei negozi, a passeggiare a corso Vittorio Emanuele. Dagli atti allegati all’indagine e inviati alla Procura risultano acquisti in gioiellerie, lunghe pause caffè, aperitivi con amici e conoscenti. I carabinieri acquisirono anche i registri delle presenze, dove il personale della Pinacoteca annotava orari di ingresso e di uscita che sarebbero risultati difformi da quelli rilevati nel corso dell’attività investigativa.

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L’epilogo. Tutte accuse ribadite dal pubblico ministero nel corso del processo e sfociate adesso in una sentenza di primo grado che potrebbe aprire un nuovo fronte sotto il profilo disciplinare. Se infatti almeno uno dei condannati è già in pensione, altri risultano ancora in servizio e rischiano sanzioni che possono arrivare sino al licenziamento per giusta causa. La Provincia si è costituita parte civile subito dopo la notifica della richiesta di rinvio a giudizio, approvando nel 2011 una delibera di giunta volta non solo a ottenere il risarcimento del danno patrimoniale ma anche – si legge nel provvedimento – a «meglio tutelare l’immagine dell’ente». Adesso si aspetta che siano depositate le motivazioni della sentenza, per decidere come calibrare le prossime mosse. Il giudice si è preso settanta giorni di tempo, da allora decorreranno anche i termini per i difensori, Genserico Miniaci e Giovanni Gioia, per la formulazione di un ricorso in appello.

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