Jvan Sica è il terzo da sinistra

IL FILM

Un po’ di Salerno in “Maradonapoli”

Jvan Sica, originario di Fisciano, è uno degli sceneggiatori del docufilm

FISCIANO. Correva l’anno 1987 e nel calcio Napoli brillava la stella di Diego Armando Maradona. “Maradona è meglio e Pele ciamma fatt o mazz tanto p l’avè” recitava una famosa strofa di una canzone passata negli annali dei ricordi del tifo partenopeo. In occasione del 30esimo anniversario del primo storico scudetto, nelle sale cinematografiche italiane è uscito il docufilm “Maradonapoli” in onore del Napoli e della sua leggenda, Maradona. E quello che più colpisce è che tra gli autori e sceneggiatori di questo lavoro compare il nome di Jvan Sica, 37enne, attualmente residente a Pietrelcina, ma di origini fiscianesi. Fino a 32 anni ha vissuto a Gaiano, frazione di Fisciano. Sposato con Sara Iadanza e padre di Elettra (1 anno), laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Salerno, Jvan ci racconta come è nata quest’opera, che gli appassionati e i curiosi hanno potuto ammirare al cinema.
Com’è nata l’idea di far un docufilm su Maradona?
Maradonapoli è nato dal fatto che io insieme agli altri autori, Roberto Volpe, Antonio Di Bonito e Cecilia Gragnani continuavamo a vedere per le strade di Napoli l’immagine e il nome di Maradona. Così è nata la domanda: “Ma quanto è rimasto di Maradona in questa città a più di 30 anni dal suo arrivo?” E dalle immagini siamo passati ai ricordi, venendo travolti da un’onda emozionale travolgente.
Di chi è stata l’idea e come si è sviluppata?
L’incubazione dell’idea è stata di noi quattro, con il contributo importante di Cecilia Gragnani la quale, essendo milanese, ha saputo darci uno sguardo esterno molto importante. Poi tutto è stato messo in creazione dal fantastico lavoro del regista, Alessio Maria Federici che, insieme al montatore Christian Lombardi hanno realizzato un film bellissimo.
Quale valore assume per la città di Napoli un docufilm come quello che avete realizzato?
Il valore speriamo sia grande. La nostra idea era mostrare quanto può amare questa città. E popoli che amano servono sempre.
Qual è l’obiettivo di questo lavoro?
Gli obiettivi sono due. Per ogni napoletano che ha il suo Maradona far conoscere il Maradona degli altri, mentre per chi non è napoletano far conoscere anche un po’ di più una città così complessa.
È stato semplice farsi raccontare Maradona dalle persone?
Semplicissimo. Bastava nominarlo e si apriva un mondo di ricordi ed emozioni. Napoli è una città con una netta stratificazione sociale evidente anche topograficamente. Ma ci sono degli elementi che annullano le differenze. Uno di questi è il Napoli calcio e ancor di più Maradona.
Qual è stata la reazione dei tuoi amici di Gaiano?
Secondo me, in fondo, Maradonapoli e le altre cose che faccio sono nate dalle centinaia e centinaia di ore passate al “Bar Sica” o al “Circolo dei cacciatori” in cui ho passato la mia infanzia guardando partite di calcio. Ascoltare i “grandi” parlare di pallone è stata la mia scuola e li ringrazio veramente uno ad uno.

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