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Troianiello dal Picentia alla Salernitana. Pierro: «Gennarino era un predestinato»

Il suo talent scout  ricorda l'inizio della carriera dell'attaccante esterno con la Scuola Calcio di Pontecagnano

SALERNO. Era appena cominciata la leva calcistica del ’96 quando Gennaro Troianiello, «una montagna di capelli ricci che pareva Michael Jackson», varcò per la prima volta i cancelli di via Palinuro, a Sant’Antonio di Pontecagnano. Il Picentia è stato la sua culla calcistica e Davide Pierro - uno che di talenti se ne intende - lo ha non solo allenato ma pure “allevato».

Pierro, qual è la storia di Troianiello?

«Gennarino ci fu segnalato da alcune persone di Napoli: proveniente da una famiglia originaria dei Quartieri Spagnoli, aveva tredici anni e cresceva esile, quasi minuscolo ma aveva i guizzi e soprattutto era animato da una grande forza di volontà. Decidemmo di investire: ogni pomeriggio, per tre anni, la buonanima di Pasquale Simeone, poi morto di recente in un incidente stradale, faceva il giro dell’entroterra napoletano. Si fermava a Brusciano, poi a Castello di Cisterna e da lì partiva il viaggio. Guidava un’autovettura piena zeppa di “predestinati”».

In che senso?

«A Troianiello si aggiunsero col tempo Piccolo, oggi al Lanciano, Sgambati, poi finito alla Salernitana, Cozzolino, che ha debuttato in serie A, Cicino, attaccante che poi è approdato alla Primavera del Milan. Tutti abitavano in provincia di Napoli ma Troianiello ha fatto la gavetta vera, ha dovuto faticare di più, ha lottato per emergere, ha sudato per distinguersi. Il calcio, infatti, è stato la sua stella polare, la guida: ha calciato il pallone dapprima per passione, poi è diventato una professione ma c’è stato sempre un filo conduttore, cioè il comportamento. Gennarino era un ragazzo sano già a tredici anni, ha vissuto sempre da persona perbene. Sapeva essere uno scugnizzo senza andar sopra le righe: era il guascone, la mascotte, faceva scherzi, sapeva stare nei gruppi ed era uno spasso, amico leale dei suoi compagni di squadra. Gli piaceva la buona cucina: tra i primi a prenotarsi in occasione delle “tavolate” del Picentia».

In campo era un’ala?

«Il classico attaccante esterno, molto estroso. Ha vestito la maglia del Picentia fino ai Minigiovanissimi e gli avversari con i quali ci si confrontava all’epoca erano tosti: Damiano Promotion, Rinascita di Torre del Greco. Troianiello prendeva botte da tutti, ma non mollava e la sua forza di volontà era incrollabile. Ogni ragazzino ha i propri tempi e c’ha messo qualche anno in più per completare lo sviluppo fisico. Perciò quando arrivarono la Reggina e la Juventus, agli amaranto andò Esposito ed ai bianconeri il nostro Corda. Dopo l’avventura con la Ruggiero di Lauria, l’esplosione e la maturazione di Troianiello è avvenuta in Sardegna, a Calangianus, e da lì ha fatto la carriera che meritava».

Ha vinto quattro volte in serie B ma non ha mai debuttato in A. Perché?

«Forse perché ha sempre fatto parte di attacchi sontuosi, a cinque stelle, con concorrenza spietata. E’ un esterno adatto al 4-3-3, ha corsa, ma ha alternato in carriera momenti brillanti a fasi di oblio. Un pizzico di discontinuità l’ha penalizzato e adesso in serie A è difficile investire su un calciatore di 33 anni, però molto bravo».

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