BOXE D'AUTORE

Samuele Esposito: «Io camorrista? No, scelsi il pugilato»

Il fighter si racconta: «Io e i miei amici in strada eravamo prepotenti e aggressivi. Mi cambiò il maestro Casella»

Il bello e il brutto della boxe può essere rappresentato dalla vicenda di Samuele Esposito , “The Wall, Il Muro!”, grande fighter di Sarno. Lui forse non lo sa, ma ha la stessa grinta e la stessa foga di un sarnese come lui, Mariano Abignente , cavaliere senza macchia e senza paura che si aggiudicò, assieme a dodici compagni di lignaggio, la disfida di Barletta, match a squadre con i francesi di tutt’altro genere e rilevanza. Siamo a più di 500 anni fa e, naturalmente, non intendiamo creare nessuna correlazione tra Esposito e Abignente, a parte la comune origine nella antica città che prosperò a lungo nella scia del Regno di Napoli. Il bello è il definitivo riscatto morale e sociale di “The Wall” attraverso il pugilato, che egli ha onorato con il titolo tricolore, con cinture internazionali IBF e con ben tre sfide al titolo europeo EBU dei pesi superleggeri, categoria di grandissimi nostri campioni, ultimo Patrizio Oliva. La boxe di Samuele è la metafora della sua stessa vita. Sul ring ha scaricato la sua foia primitiva per liberarsene e diventare un “altro”. Sacrifici, durezze e disciplina imposti dalla palestra e dai combattimenti tra le sedici corde hanno placato il vulcano che aveva nella testa e gli hanno fatto scoprire una vita diversa da quella che aveva vissuto nella sua scapestrata adolescenza. Lo ha confessato lui stesso nel libro-verità scritto dal giovane collega Francesco Jervolino e lo ha confermato a noi.

Samuele, è vero che prima di entrare nella palestra della Pugilistica Salernitana era un ragazzo-Gomorra?

Ero uno senza regole. A Sarno formavo combriccola con una ventina di elementi che mettevano gli altri a dura prova. Volevo fare il camorrista da grande. Eravamo prepotenti, indisciplinati, aggressivi. Quando mio padre mi infliggeva un castigo, io rispondevo andando via da casa per tre-quattro giorni. Ho lasciato la scuola alle medie. Incontrai la boxe e il maestro Casella e mi hanno cambiato dalla A alla Zeta. Mi hanno fatto capire quale strada deve percorrere un uomo. Di quei ragazzi ci siamo salvati in pochi. Gli altri sono stati ingoiati dalla loro stessa vita sbagliata, spesso conclusasi tragicamente. Mi dispiace.

Il brutto è che la boxe non le ha permesso di impostare completamente la sua nuova vita e ha dovuto lasciarla a 33 anni, non perché fosse logoro, ma per portare avanti la famiglia.

Infatti fisicamente ero a posto. Avevo, però, maturato la convinzione di non poter vivere con il pugilato. In dieci anni di boxe su livelli impegnativi ho combattuto ventisei volte, troppo poco. Con la borsa di tredicimila euro guadagnata con un europeo su un ring straniero ho dovuto campare un intero anno. E ho anche dovuto sostenere le spese per la preparazione. Restavano le briciole per la mia famiglia..

Una volta non era così. I pugili professionisti finivano la carriera dopo aver combattuto anche 120-150 incontri. Non se la spassavano, ma riuscivano a tirare avanti e a fare qualche investimento. Lei ha lasciato il ring a 33 anni con 25 matches disputati. Saverio Turiello si ritirò a 34 anni dopo 198 battaglie anche di 12 e15 rounds. Non diventò milionario, ma inviò sempre delle sommette al suo grande rivale Venturi, un campione ridotto a bussare agli ospizi milanesi. Venturi aveva disputato 94 incontri ed era stato campione italiano ed europeo, ma, purtroppo, non aveva saputo amministrare ciò che aveva guadagnato coi cazzotti. Cleto Locatelli, un altro fuoriclasse, salì sul ring 161 volte, il leggendario Carnera 103, Mitri 101, Duilio Loi 126, Giulio Rinaldi 67, Nino Benvenuti 90, Checco Cavicchi 88, Arcari 73, Mazzinghi 69, Patrizio Oliva 59, Giovanni Parisi 47, Agostino Cardamone 36, e siamo al dimezzamento. Oggi la boxe non garantisce più nessuno, né pugili, né maestri, né organizzatori.

Appunto. È per questo che chiesi al Comune di Sarno un lavoro che mi consentisse di andare avanti con la boxe. Lo hanno fatto altrove. Il nome della mia città l’ho onorato in tutte le Nazioni in cui ho combattuto. Avevo necessità di uno stipendio per fugare le preoccupazioni, allenarmi bene e con ottimi sparrings. Invece ho dovuto chiedere favori ai colleghi e adattarmi. Mi promisero la una palestra, avrei potuto togliere dalla strada i ragazzini esposti e fare opera sociale, ma non ho visto niente. Per mia fortuna mi ha offerto un lavoro un imprenditore privato, un grande sportivo, ex giocatore di pallacanestro e presidente della Virtus Salerno. Sono manutentore nel suo Centro di riabilitazione. Sono grato a Nello Renzullo se adesso sono tranquillo e porto avanti con dignità la mia famiglia composta dalla mia compagna Viola Naddeo e dai piccoli Carlos, nome per ricordare Monzon, il mio idolo, e Jasmine. Ho altri due figli che vivono con la mia ex moglie. Mi è rimasto il magone, ma con la boxe ho chiuso. In avvenire, quando mi sarà passata la foga agonistica, forse potrò fare il maestro, ma non sarà facile. Da qualche giorno ho ripreso, finalmente, ad allenarmi, a correre, non lo facevo da tempo.

I verdetti delle tre sfide europee EBU le hanno tolto qualcosa?

Contro Nieto il pareggio già avrebbe premiato lui. Feci tutto alla perfezione anche se erano successe cose strane. Mi trovarono sopra il peso e, per smaltire il superfluo, dovetti correre e sudare fino alle 10 di sera. Cenai alle 22,30 e le pietanze furono disgustose. Il giorno successivo il fisico era a posto, ma la testa confusa. Il tifo contro mi ha sempre galvanizzato e quella volta no. Comunque non avevo perso, ma quando combatti all’estero ti può capitare ogni sorpresa. Ad essere sinceri, devo dire che una volta sì che mi sono sentito sconfitto. Fu al terzo europeo. Il match fu rinviato tre volte e l’ attesa fu lunga e snervante. Mi allenai con sparrings volenterosi perché non avevo i soldi per sceglierne di esperti. Ero contrariato e volevo finire presto quel tran tran. Nel complesso, però, la mia carriera mi ha dato grandi soddisfazioni.

Samuele Esposito è stato un guerriero. Boxe da brividi a corta distanza. Martellava gli avversari e non cadeva. Un vero The Wall, un vero Muro. Avrebbe potuto vincere molto di più.