LA STORIA

Salerno e zio Tom Rosati Amore, trionfi e delusioni

Il “sergente di ferro” guidò l’ippocampo alla promozione nel 1966 a L’Aquila 

Rubando il titolo al famoso romanzo di Harriet Beecher Stowe, oggi raccontiamo la “Salernitana dello zio Tom”. È un racconto evocato dalla prossima partita che chissà quando i granata potranno giocare contro il Pisa, la squadra che il 17 dicembre 1978 sancì, con la sua vittoria al “Vestuti” (2-1 con l’acerbo Walter Zenga ipnotizzato da Claudio Di Prete ), il divorzio definitivo tra la società granata e il “sergente di ferro” Domenico Tom Rosati . Un racconto che ricorda quattro stagioni trìbolatissime ed emozionanti nel bene e nel male. 1965-66. La Salernitana è passata dal Comune a Michele Gagliardi , fratello del prof Pasquale e di quel don Felipe il cui nome è ancora oggi avvolto nella leggenda di una colossale fortuna fatta in Venezuela. Il giovane ingegnere e costruttore con studio in via Filangieri, a Napoli, si è avventurato in politica e, per drenare consensi, ha deciso di riportare la squadra in serie B dopo dieci anni di tentativi non riusciti ad altri. Liberatosi del fine Rudy Hiden , sterza sul rude Tom Rosati. Questi ha 36 anni, è di poche parole e di maniere spicce.

Un guerriero che conosce profondamente il calcio provinciale per aver giocato quasi duecento bollenti partite e aver allenato Teramo, Chieti e Cosenza. E poi gli ha spiegato tutti i trucchi il fratello Armando, trainer di Fermana, Civitanova, Ischia e Termoli. Sotto braccio a Bruno Somma , segretario-Richelieu con mani in tutte le paste, Tom irrompe nelle sale dell’Hotel Gallia e fa man bassa di talenti. I giovanissimi Prati e Corbellini innanzitutto, ai quali aggiunge elementi più esperti e, ad ultimo, colui che considera il suo talismano, un aitante terzino con il vizio del gol. È Franco, il fratello minore che, come lui e Armando, il più anziano, vive di calcio. La squadra esprime un gioco maschio nelle marcature, spettacolare e concreto all’attacco, ma trova sul suo cammino un Cosenza irriducibile, che la costringe agli straordinari. Tuttavia se Pierino Prati non si fosse fermato per sedici domeniche consecutive in seguito al crak al ginocchio a Torre Annunziata, la Salernitana avrebbe vinto il campionato con 2-3 turni di anticipo. Invece deve lottare in modo furibondo. Per giunta a L’Aquila trova un arbitro per lo meno “strano” perché, dopo il gol del vantaggio segnato da Sestili , non si accorge di… un’invasione di campo di un gruppetto di esagitati e porta avanti la gara invece di sospenderla. Così, invece del 2-0 a tavolino in favore dei granata, la Lega decide di far ripetere il match! Assurdo e ingiusto e, per tutta risposta, a Salerno i tifosi occupano piazze e strade. Temendo una rivolta popolare, da Napoli son fatti arrivare in fretta celerini di rinforzo che vanno a piantonare la stazione e gli edifici strategici. Grazie anche al rientro di Prati, che va subito a segno, la Salernitana vince nettamente le due ultime gare e non molla il primato, ma in vetta alla classifica, a quota 48, figura anche il Cosenza.

Occorre l’ultimo supremo sforzo nel recupero con l’Aquila. I tifosi ce la mettono tutta, la squadra è accorta, e il punto della sospirata promozione alla fine è meritatamente strappato dopo 90’ di suspense . Peana per Tom, Michele Gagliardi e per Pierino la peste. 1966-67. L’esultanza non dura molto. Gagliardi jr è in bolletta ed è costretto a rinunciare all’ “affarone Prati” offerto dal Milan alla modica cifra di 30 milioni di lire. Tutti i giocatori in prestito sono restituiti alle società di appartenenza e, in campionato, i gol di Cavicchia , di Cominato e di Sestili servono a poco. La coda della classifica è tenuta pervicacemente fino all’ultima giornata. Tom è licenziato dopo il flop con il Novara, ma si fa sentire e, appena due ore dopo, cessa di essere un allenatore disoccupato. Oscar Montez , che è già in albergo, se ne torna a casa. Comunque la squadra si è completamente smarrita e qualche settimana dopo Tom lascia il timone a Montez, che però non riesce a trarre la barca fuori dai gorghi. Dieci sconfitte consecutive fanno tenere lo sguardo basso ai tifosi. Bruno Somma si dimette dopo 20 anni di onorato servizio.

Anche Michele Gagliardi andrà via. Ma, come sempre, il momentaccio sarà superato. 1970-71. Il guerriero ritorna assetato di successi. Ha risposto subito alla chiamata dell’avvocato Tedesco per vincere il campionato, che a Caserta gli è stato portato via da una decisione della Disciplinare. Grazie anche al suo talismano ritrovato (il fratello Franco), attrezza la squadra giusta. A Bianchini , a Rigotto e a Pancani chiede i gol per la nuova corsa alla B, ma il Sorrento digrigna subito i denti e tra le due “cugine” si accende un altro lungo e snervante duello. Finisce con un solo punto in favore dei rivali e il povero Tom, i dirigenti e la tifoseria si dannano come non mai avevano fatto. Quel punto la squadra lo ha lasciato al modesto Martina Franca alla penultima giornata in un “Vestuti” attonito. La società, zeppa di dirigenti-avvocati, si affida a un estremo cavillo: un esposto in cui sostiene che lo stadio del Sorrento non è idoneo per la serie B. È vero, ma sull’altra sponda, ma il ricorso è respinto. Tom passa al Livorno e anche il fratello lascia. Si ritroveranno presto, vittoriosi e felici, a Pescara. 1978-79. Tre dirigenti ingaggiano tre allenatori, Giacomino Losi , Franco Viviani e lui, Tom Rosati. Due rinunciano subito, cavallerescamente, e resta Rosati per ritentare l’impresa del 1966.

Tra i suoi quattro portieri scova Zenga, che diventerà il migliore portiere del mondo, ma non gli basta. Anzi Walter lo mette nei pasticci facendosi infilzare come un tordo e abbandonando il campo, contro il Pisa capolista, in crisi di identità. Urla, fischi e proteste a non finire non contro il portierino in lagrima, ma contro l’allenatore costretto a rifugiarsi nel pullman della squadra vincitrice della partita. Fine di un rapporto, tutto sommato, positivo. Tom, un duro da ricordare. Quando il campionato ricomincerà, data ancora incerta, sarà proprio il Pisa a fare l’esame a mister Ventura . Ma, obiettivamente, non dovrebbe avere le carte per provocare un divorzio che, d’altra parte, nessuno chiede. E poi Alessandro Micai non sarà un “uomo ragno”, ma non è nemmeno un portiere diciottenne alle prime armi.