Serie B

Salernitana, il solito film già visto

Col Pisa altra prova deludente dei granata. Donnarumma pericoloso ma Sannino lo sostituisce, fischi dagli spalti dell'Arechi a fine gara per l'ennesimo pareggio

SALERNO. In bianco, pure col Pisa. Quarto pari di fila, quinto risultato utile: c’è poco da festeggiare, ancor meno per stare allegri. Per la Salernitana, per questa Salernitana costruita da Fabiani e allenata da Sannino – sempre più sbilenca, involuta, inerme – i numeri significano altro: sono l’immagine del capolinea, di un progetto sballato, destinato inesorabilmente al fallimento. In 12 gare, appena 2 vittorie. E così che la Salernitana continua a correre verso il baratro, allegramente aggrappata a una media che è da retrocessione diretta. È un altro anno sbagliato, un altro anno perso, pare la fotocopia della stagione di Torrente.

Altro giro, altra corsa: è solo una questione di tempo. Magari Lotito rinvierà ancora la decisione di dare una sterzata, di cambiare il manico: però qui non si tratta di generali sfortunati e altre amenità varie, qui si tratta di venire a capo di una squadra malata che ha bisogno di riossigenarsi prima che sia troppo tardi, prima che si finisca con l’arrivare al giro di boa con l’acqua alla gola. Il resto è teatrino. Magari il ds – grazie ai soliti compiacenti canali mediatici – continuerà a far da scudo perchè in fondo deve difendere soprattutto se stesso; magari Sannino continuerà ad appigliarsi alle scontate frasi che propina da luglio, riservandosi le verità scottanti quando gli toccherà farsi da parte. Quattro mesi e della sua squadra non v’è traccia, anzi s’effonde la sensazione sempre più intensa di un gruppo che fatica a seguire direttive, decisioni, destino.

Col Pisa, Sannino s’è scavato la fossa da solo: parte col 4-4-2, lo corregge dopo 11’ salvo tornare allo spartito iniziale nella ripresa fino alla cervellotica e tafazziana scelta di sfilare Donnarumma – l’unico ad aver acceso la sfida con due fiammate, urlo strozzato sulla linea e poi boato negato dal volo di Ujkani – per inserire Caccavallo tenendo sul prato l’ectoplasma Rosina.

Sbilenca, sballata, scollegata. I primi 45’ granata sono uno strazio, uno scempio, un insulto: incapaci i granata, che stanno sul prato come un gregge che si muove a testa bassa; inerme il pastore Sannino che – spazientito e sorpreso – se ne sta con le braccia sui fianchi. Impotente, come il guardiano Fabiani che gli sta seduto vicino e a fine tempo sfila a testa bassa, come la Salernitana. Inesistente nei primi 45’: lenta, abulica, contratta, fratturata tra i reparti, senza vie di collegamento, plasticamente incatenata da una visione tattica del tecnico che travalica l’irrealtà. Scollegata sul campo – zero centrocampisti (non esistono in rosa) capaci di fare la doppia fase senza costringere gli attaccanti a tornare indietro, non ci sono giocatori che affondano sulle corsie, nè terzini che raddoppiano né esterni che saltano l’uomo. È solo un’accozzaglia che sbatte contro se stessa prima ancora che sull’avversario (Pisa che ha tutto il tempo di sistemarsi in fase di non possesso perchè i granata avviano sempre l’azione da dietro muovendosi in orizzontale), è solo un ammasso di lamiere che rende – dopo 12 giornate e un’involuzione preoccupante – il senso di una campagna acquisti sballata e di una confusione tecnico-tattica.

Squadra costruita male e allenata peggio: i giocatori finiscono nel mirino ma – dato preoccupante – paiono frastornati e frustati. La fiammata iniziale di Donnarumma nella ripresa pare aprire il cuore alla speranza ma ci pensa Sannino a spazzare le illusioni. Via Donnarumma, via la lucina fioca. Spazio all’ennesimo pari che il tecnico sigilla con l’abbraccio a Gattuso ma senza la consueta sfilata imperiosa sotto la curva e senza l’applauso ai tifosi che invece gli riservano fischi prima della fuga in treno, senza passare dalla sala stampa (ma, fidatevi, ritorsione già decisa il giorno prima). Anche questo, un deja vu.

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