MISTER X

Salernitana, Bollini a rapporto da Lotito

Lungo e riservato faccia a faccia tra tecnico e patron: crocevia ad Avellino

SALERNO - Il faccia a faccia che sa di resa dei conti si consuma alle nove della sera d’un sabato amaro, nel piazzale della Tribuna dell’Arechi. È buio pesto, però le sagome di Claudio Lotito e Alberto Bollini si scorgono lo stesso. I due s’appartano nei pressi delle “porte nere”, un tempo varchi d’ingresso allo stadio prima che iniziasse l’era dei tornelli. Parlano fitto, occhi negli occhi, (ri)partendo dal siparietto avuto in conferenza stampa, quando si son ritrovati ad analizzare Salernitana- Ascoli spalla a spalla. Con tesi contrastanti. La partita è finita da più d’un’ora e il patron «che spesso s’esprime a ruota libera dopo le gare» - parole proferite dal tecnico granata per “parare” i colpi diretti al suo bersaglio sulle scelte di formazione - tiene a rapporto l’allenatore. Il “suo” mister. Sì, suo, perché il multi-presidente a Bollini vuole un gran bene: il trainer di Poggio Rusco gli ha vinto uno scudetto Primavera con la Lazio, sfornando talenti che hanno fatto la fortuna della prima squadra e poi delle casse societarie. Prima di chiamarlo un inverno fa al capezzale dell’ippocampo, Lotito gli aveva affidato il coordinamento dell’intero vivaio biancoceleste. Una chioccia di Formello, insomma. Quel rapporto fortissimo, intenso, franco, oggi è inevitabilmente un po’ scalfito. Perché il calcio è governato dai risultati e i sei pareggi in otto partite fin qui messi in fila dalla Salernitana (a fronte d’una vittoria e una sconfitta) certo non aiutano a rasserenare gli animi. Il confronto consumatosi a una decina di metri dall’auto presidenziale, lontano da orecchie indiscrete e con gli uomini della scorta del patron in paziente attesa, trasmette il senso d’una tensione non più “gestibile” senza il conforto delle vittorie. Bollini deve difendersi dall’etichetta, scontata e però pure inevitabile, di “mister X”. Non di meno, sul suo capo “pesano” le esplicite accuse - se vi dà più il senso della sportività usate la parola “osservazioni”, in questo caso vale come sinonimo - sulla gestione delle partite. «I calciatori devono esser messi in condizione d’esprimersi al massimo», il tormentone del “magno” Claudio, scandito a mo’ di disco rotto fin dal tramonto del match di Carpi, appena alla terza giornata, per commentare quello ch’è finora l’unico ko granata. Da allora Lotito non ha mai fatto passi indietro, anzi ha rincarato le dosi. Ha “cassato” il 4-3-3, ora s’infuria nel vedere Sprocati in posizione di trequartista (lo vuole esterno mancino, «per convergere e calciare a giro di destro»). Convinto - forse sin troppo - della “bontà” del roster allestito, il patron pretende molto di più, in termini di prestazioni e soprattutto di classifica. Va da sé che il derby di domenica ad Avellino, gara dai significati emotivi superiori a tutte le altre per tradizione e campanilismo, rappresenti un crocevia per Bollini, chiamato a consolidare la sua posizione ch’è, per antica regola non scritta ma rigorosa, la più attaccabile, l’unica per ora davvero a rischio. Nel lungo e riservato colloquio post partita dell’Arechi pare che - raccontano i muri, o meglio l’asfalto - il tecnico abbia “tenuto botta”, argomentando sulle riflessioni tattiche di Lotito punto per punto, proprio in forza a quel feeling consolidato e speciale di laziale memoria. Occhio, però. Ché nel calcio, quando non si vince, di memoria ce n’è poca.