la storia

Roberto Breda, l’ex che non sarà mai ex

L'allenatore dell'Entella si confessa prima del ritorno all'Arechi: «Salerno la mia seconda casa»

SALERNO. Alessandro Rosina perdonerà: sabato all’Arechi, arriverà “il” capitano. Ritornerà Roberto Breda, condottiero dell'Entella, mediano e regista, poi stakanovista (lui sì, lo è stato davvero, con 250 presenze) della Salernitana bella e vincente, quella dell’epopea granata, promossa in serie B e poi in serie A.

Rosina, specialista in calci di punizione, perdonerà di nuovo: il capitano segnò al Milan dal limite dell’area, infilando il pallone all’incrocio dei pali. La prodezza non fruttò punti ma servì a festeggiare nel ’99 il primo gol casalingo della Salernitana in serie A. Mister Sannino, invece, lo ha già perdonato: il 23 novembre 2014, ebbero uno screzio al termine di Catania-Latina ma poi lui e la leggenda granata sono diventati grandi amici.

Breda a Salerno è stato un’istituzione – ha fatto anche l'assessore – il mister dei piccoli della Primavera e dei giocatori senza stipendio, la bandiera, un’icona. Pure l’Entella gli ha reso il tributo che merita: la società ligure ha confezionato un'intervista in onda sul sito ufficiale, poi attraverso i social. La curva Sud, come al solito, scandirà il suo nome e cognome sul motivetto di “I love you baby”.

Roberto Breda capitano della Salernitana a vita?

«Ne ho fatte di tutti i colori lì dentro. Parlare solo delle presenze è riduttivo. Abbiamo fatto tanti campionati belli, ho fatto il capitano, l'assessore, l'allenatore della Salernitana. Salerno è la mia seconda casa. Lì, in quel posto, all'Arechi, le sensazioni non possono essere come negli altri posti».

Quanto è legato allo striscione “Breda al 76’”?

«Il destino ha permesso che io e Negretti, il portiere al quale segnai nel derby di Avellino, ci ritrovassimo a Chiavari. Negretti è l'allenatore della Primavera dell'Entella. Giocammo ad Avellino ma facemmo il ritorno insieme in aereo, perché mia moglie è di Genova e lui di Savona. Abbiamo sensazioni diverse: lo ricordo come un momento bellissimo, lui no perché era depresso e col tempo mi ha confessato che ha avuto qualche problema».

Da allenatore della Salernitana ha sfiorato la promozione in serie B, nonostante i debiti.

«Non abbiamo raggiunto il risultato sportivo finale ma l'affiatamento che si era creato con l'ambiente e i tifosi era bellissimo. La gente imparò ad apprezzarci, portava i pasticcini al campo sportivo di Casignano dove ci allenavamo. Non prendevamo soldi dalla società, avevamo tanti problemi, non ci pagavano gli stipendi. È stato un percorso fantastico, culminato con la semifinale di Alessandria dove andammo a vincere. Poi sfumò tutto con il Verona, ma l'impresa resta».

Il rapporto di Breda con Salerno?

«Lì ho casa, ci sono Andrea Criscuolo e Silvio Petrosino, insomma gli amici di Salerno che sono sempre con me. Salerno fa parte della mia vita. Seguo la Salernitana per lavoro e anche col cuore, nutro tantissimo affetto verso i colori granata. Non conosco direttamente l'attuale proprietà ma sono contento per i salernitani perché è molto solida, sta facendo un bel lavoro. Tutti insieme possono fare tanta strada».

Che successe con Sannino?

«Siamo passati alla storia per il battibecco in occasione di Catania-Latina. Non ne ho avuti tanti con i miei colleghi, ma quella volta è successo qualcosa, per colpa mia perché forse ho esagerato io. Sannino fu signorile perché venne verso la mia panchina e mi strinse la mano. Poi ci siamo incontrati un giorno in Costiera amalfitana. È nata una grande amicizia, lo stimo, è un allenatore molto preparato, il tecnico di una squadra in salute. Ho smesso di giocare a Salerno dove allena lui e l'Entella è l'ultima squadra di Sannino da giocatore. Ci rivedremo all’Arechi, stadio “alleato” quando la Ternana perse a Salerno e subentrai. Sarà battaglia vera, in mezzo a tanti amici».