IL COMUNICATO

Ricorso Koulibaly, l'attacco del Napoli: "Mazzoleni si è rifiutato di parlare col calciatore"

La nota del club partenopeo: "Si è persa una grande occasione per cambiare passo"

NAPOLI - "Si è persa una grande occasione". Titola così sul proprio sito ufficiale il Napoli la decisione della Corte Federale d'Appello di rigettare il ricorso presentato dal club contro i due turni di squalifica comminati a Kalidou Koulibaly dopo l'espulsione in Inter-Napoli. La società attacca Mazzoleni, reo di aver rifiutato un colloquio con Koulibaly in campo, e la Corte Federale per aver respinto la richiesta partenopea.

"Si sono chiusi oggi, con la sentenza di rigetto del ricorso contro la squalifica di Koulibaly, 23 giorni, a partire da Inter-Napoli, che possiamo definire straordinari - si legge nella nota pubblicata dal club -.  Il rigetto del nostro ricorso è una grave sconfitta per il calcio, ma anche per quello che è l’aspetto più ampio che questa vicenda ha sollevato: la lotta contro le discriminazioni, di ogni tipo, che continuano a essere presenti nel calcio e nella nostra società.

E’ stata umiliata una battaglia che l’Uefa porta avanti da molti anni e che il Napoli ha sempre sostenuto. Ma la sconfitta è anche verso coloro che, sbagliando, hanno sostenuto che negli stadi non ci sia razzismo, e che a urlare il loro disprezzo verso neri, napoletani, ebrei siano solo pochi. Sono stati giorni straordinari perché, partendo da San Siro, ci sono state irregolarità, incomprensioni, assurdità, talmente gravi e grossolane, da non poter passare inosservate.

Migliaia di persone (7.400 per i rappresentanti della procura federale in campo) hanno insultato Koulibaly perché nero; gli insulti sono stati frequenti anche verso i napoletani, con cori definiti da tutti (tranne pochi, molto pochi) come insulti razzisti, tanto da entrare nei protocolli che impongono l’interruzione temporanea della partita in casi di questo tipo. Koulibaly che chiede a Mazzoleni di interrompere e l’arbitro che gli dice ‘con te non parlo’, contravvenendo a cio’ che il suo designatore, Rizzoli, aveva detto a noi in una recente riunione a Milano tra arbitri e allenatori, e cioè che la richiesta di interrompere la partita poteva arrivare dal capitano o dal diretto interessato, in questo caso Koulibaly.

L’Uefa e la Fifa che condannano quanto avvenuto, dicendo che i protocolli non sono stati rispettati e che la partita andava interrotta. Personalità di ogni tipo, sindaci, artisti, uomini di cultura, colleghi di Koulibaly e di Ancelotti (che porta avanti una battaglia di civiltà dicendo che quello che avviene in Italia in questo senso è da condannare) a dare la loro solidarietà e a esprimere il loro sdegno. Raramente in Italia si è vista una condanna così unanime anche a livello sociale.

E poi il ricorso, giudici che dicono di essere assolutamente consapevoli di quanto è successo, di stare dalla parte di Koulibaly come uomo, che lo incitano a non mollare e a non sentirsi solo, come lui, in un discorso di rara umanità e sincerità, dice di essersi sentito quella sera. Un uomo che ha detto ai giudici quale sia stato il suo imbarazzo nel dover raccontare ai genitori e in particolare alla madre, cosa fosse successo.

E poi, la straordinarietà degli eventi, arriva con la sentenza di rigetto. Come se qualche procedura regolamentare non potesse fare l’unica cosa che andava fatta: ridare a Kalidou Koulibaly la dignità che merita un ragazzo del Senegal che rappresenta, per quello che è successo, tutto il male e tutto il bene di quanto sta accadendo in Italia. Koulibaly, il calcio, le istituzioni, tutti escono umiliati da questa vicenda.

Togliere la squalifica a Koulibaly andava fatto a prescindere dai regolamenti, dalla burocrazia. Il calcio in questo modo muore. Perché il calcio è prima di ogni cosa passione, una passione che unisce miliardi di persone nel Mondo, e che non può essere derisa in questo modo. Questa sera si è persa una grande occasione. Abbiamo purtroppo avuto la conferma che molto c’è da fare e molto da cambiare".