Olympic Salerno Una grande famiglia tra pallone e valori

Pisapia: «Il nome? Me l’ha ispirato il vecchio stadio di Torino I colori sono dell’Atletico Madrid e c’è il logo della Rotonda»

SALERNO. «L’Olympic Salerno nasce da un’idea di Mario Sapere che mi chiese di sponsorizzare un torneo estivo di calcio a cinque. Da lì poi, abbiamo deciso, nel 2007, di iscrivere la squadra al campionato di Terza Categoria. Era il 5 settembre di quell’anno». È il presidente Matteo Pisapia a raccontare la genesi della sua società: «Nome e colori li ho scelti io. Volevo un nome nuovo, diverso. Io non avevo mai giocato a calcio. Dopo la pallavolo, ho cominciato ad occuparmi di triathlon che proprio quell’anno era diventata disciplina olimpica. Volevo qualcosa che mi riportasse al concetto di Olimpiade, questa idea mi piaceva, ma non avevo ancora il nome. Quello è arrivato per caso. Ero ad assistere al derby della Mole, un Juventus-Torino, il programma nelle mie mani diceva che la gara si stava svolgendo all’Olympic Stadium, ed ecco la molla. La mia squadra si sarebbe chiamata Olympic!».

Ed i colori?

«Qui la cosa è stata più semplice. Io sono tifoso dell’Atletico Madrid».

Ma anche il logo ha una sua idea grafica particolare?

«In un certo senso sì. Dovevo dare un elemento che accostasse la squadra alla città. I delfini sono quelli di piazza Flavio Gioia, la Rotonda, anche se sono stati riportati nel formato cartoon».

E la scuola calcio?

«Quest’idea è nata nel 2011. La squadra maggiore era in prima categoria e ho deciso con Vincenzo Daniele di iniziare questa avventura. Ed ecco che insieme abbiamo pensato di cominciare facendolo dalle categorie dei più piccoli. La mia idea era di crescere piano piano, noi con loro. Roma non è stata costruita in un giorno, questo il mio motto. Ed in effetti, la nostra società non copre, ancora, tutte le categorie. Il nostro settore giovanile si ferma agli esordienti».

Ma quali sono gli obiettivi?

«Far crescere i ragazzi come in una famiglia, lontani dalla televisione e giocando a calcio. Nessuna promessa, nessuna illusione. E devo dire che i genitori ci stanno seguendo e stanno apprezzando questa nostra idea. Il nostro punto di forza è che gli iscritti ci portano altre persone, tanto che in alcuni gruppi abbiamo metà classe di un istituto con noi. Questo conta tanto, vuol dire che i bambini sono a loro agio e ci portano altri compagni».

Qual è il vostro punto di forza?

«Avere principi sani. Abbiamo basato tutto sul concetto di famiglia e di organizzazione. Lo stare insieme prima di ogni altra cosa. Come dire: educazione e crescita a pari passo col calcio».

Ma con la mancanza di campi da gioco a Salerno, come e dove svolgete la vostra attività?

«Al De Gasperi, al Centro Sociale, alle Querce. Un giro infinito»

E quell’idea?

Ci sto lavorando, ma è molto complicato. Non basta avere un terreno di proprietà, ma bisogna pure che il PUC preveda che in quella zona possa nascere una struttura sportiva. La burocrazia è lenta in Italia».

Il sogno?

«Vedere qualche nostro ragazzo giocare in prima squadra. Ma i miei ragazzi sono ancora piccoli. Devo ancora aspettare un po’».

Alfonso Pierro

( 10 - continua)
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