Montervino vuole togliersi la macchia

«Ai proprietari della Salernitana l’ho detto: in campo sono un sanguigno altrimenti non sarei io. Rifarei quasi tutto...»

SALERNO. Montervino ha fermato il tempo ad Aversa. «Più rivedo le immagini della mia esultanza petto in fuori e più non mi riconosco nelle motivazioni del Daspo: ingiurie, sputi, gesti, ma dove?». Il capitano della Salernitana c’ha pensato, ha riflettuto, ha deciso: «Giocherò tanti anni ancora, almeno 5-6. Il presidente dell’Aversa mi vorrebbe già pensionato ma aspettiamo un po’ prima di accontentarlo». Giocherà per cancellare la macchia e lasciare un buon ricordo di sé: «Sono quasi a fine carriera e quando uno smette, la gente si ricorda soprattutto di quanto è stato fatto alla fine di un percorso. La squalifica è stata dimezzata. Il Daspo, invece, è una macchia. Per chi vuole rimanere nel mondo dello sport, non è bello vedersi etichettare come delinquente. La cosa che più mi fa male – dice – è che siano stati sporcati 20 anni di onorata carriera. In campo sono sanguigno, lo ammetto. “Altrimenti non sarei Montervino”, ho detto alla proprietà che si è arrabbiata per l’esultanza. Rifarei tutto, magari non mi avvicinerei troppo alla recinzione. Non sono andato sotto la curva dell’Aversa ma sotto la tribuna e ce l’avevo con le persone che mi hanno gridato “venduto”, “fallito”, insultato mamma, moglie, sorelle. Quelli non sono tifosi del Napoli: non c’erano a Gela, in C1. Al massimo erano gli occasionali, quelli di Napoli-Liverpool. Così come a Salerno i tifosi passionali sono quelli dell’anno scorso e di quest’anno, non gli occasionali che in futuro verranno ad applaudirci nelle categorie più alte contro le squadre importanti».

Quel giorno, conta di esserci anche il capitano: «Perrone mi consigliò una settimana di vacanza. Mi è stato vicino ma ho voluto allenarmi comunque. Mancano 17-18 punti al traguardo. Ho un contratto per l’anno prossimo e per la proprietà conta la meritocrazia. Se, dunque, meriterò, farò parte del progetto. Per me è già un attestato di stima aver ottenuto un biennale a 35 anni. Spero ci siano i presupposti per prolungarlo e credo - ma tocca alla proprietà decidere – che la squadra non vada smantellata quando si fa bene, perché poi è difficile ricreare la mentalità vincente». Però la macchia del Daspo è sempre davanti ai suoi occhi. Ora Montervino chiede ravvedimento. «Mi rimetto nelle mani di chi mi ha giudicato in modo sbagliato, forse frettoloso. Spero capiscano che non c’è nesso tra me e i tafferugli. Avrei piacere di parlare al signor Questore di Caserta, magari davanti a un caffè. Sono certo non sia in cattiva fede: ha preso una decisione sulla base dei fatti rappresentatigli, ha letto le carte. Singolare, assurda, anche la celerità del Daspo: stavo andando in questura a farmelo notificare, ritardai per un incidente stradale, mi chiamarono per chiedermi dove fossi. Ora ci sono i gradi di giudizio: meglio prima ricorrere al Prefetto e poi andare eventualmente al Tar, com’è stato per Ginestra. Siamo la squadra più daspata d’Italia: un fatto strano».

Singolare pure che Scuffia del Melfi prenda solo 1 giornata di squalifica, dopo l’esultanza verso i tifosi avversari: «Si vede che chiamarsi Montervino e giocare nella Salernitana talvolta è un “demerito”: si paga la rappresentatività del nome e del club, dovevano creare il caso della settimana, anzi del mese. Ghirelli? È stato frettoloso. Ci insegnano che a caldo non si parla». Ringraziamenti a Tommasi e Calcagno dell’Aic: «Mi hanno chiamato per capire e poi hanno parlato con l’Osservatorio». Adesso proprio l’Osservatorio potrebbe affiancare Montervino ad iniziative contro la violenza.

Pasquale Tallarino

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