SERIE B

“Mio Dio, come sono caduta in basso!” Povera Salernitana

La salvezza resta a portata di mano ma la crisi è profonda

di Dario Cioffi

«Non era mai successo». Peppe sospira. È un tifoso come tanti, e parlare di Salernitana, ultimamente, gli dà sconforto più che rabbia. Eppure, in quelle quattro parole, che raccontano umanissima incredulità, non c’è riferimento ai cinque schiaffi in faccia che i granata hanno preso all’Arechi dal Carpi (ch’era) ultimo in classifica. Lo sconcertante dato del calcio giocato lui addirittura lo ignora, e il suo rassegnato stupore sta nel fatto che quella partita neppure l’ha vista.

È una storia come ce ne son migliaia, e aiuta a scattare l’istantanea del momento. La fotografia d’un anestetizzato disincanto, senza precedenti, per il popolo del cavalluccio marino. Peppe ha 35 anni, è manager d’una multinazionale, gira l’Europa in business class e da qualche anno, oltre che per il lavoro, la sua vita è cambiata del tutto - meravigliosamente, vien da dire - visto ch’è sposato e papà di due bimbi bellissimi. Nulla è più come prima, perché (quasi) tutto cambia. Tranne la mamma e la squadra di calcio. E così, in ogni stravolgimento, se c’è una cosa che proprio è rimasta com’era, sempre, è l’incrollabile fede granata. Negli anni dell’Università, parola degli “amici del 27” (il pullman Salerno-Fisciano), certe mattine arrivava con gli occhi gonfi d’un pugile suonato. « Ch’è stato, Peppi’? », gli chiedevano i colleghi di corso in ateneo. Niente, c’era che aveva viaggiato di notte, perché il giorno prima era stato a Lumezzane o a Pavia, a Sesto San Giovanni o a Busto Arsizio (non «a Pro Patria», come qualche tifoso all’epoca diceva), visto che in una stagione, anno mica di grazia - 2005/2006, la Salernitana appena rinata dalle ceneri del fallimento di Aliberti era stata sbattuta nel girone settentrionale della fu serie C1.

“ Benvenuta al Nord ”, per evitare l’incrocio a Sud con il Napoli “rifondato” dodici mesi prima da De Laurentiis . Non ne perdeva una di quelle trasferte, Peppe. In auto, pullman o treno. In cuccetta o al posto dei bagagli. Aveva fatto così prima, ha continuato a farlo dopo. Fino a ieri l’altro. Il giorno del «non era mai successo ». C’era Salernitana-Carpi all’Arechi, e però lui se n’è andato altrove, assieme ai suoi bimbi, senza informarsi del risultato né vedere i gol al rientro, lui che la Bersagliera l’ha seguita ovunque, pure nelle disgrazie, senza simbolo dell’ippocampo sul petto o tra i dilettanti sotto falso nome. Perché, adesso, non più? È una questione complessa la sua assenza, come quella di molti altri. C’erano 3500 presenti, sabato scorso, di cui soltanto mille tra gli abbonati, che sono oltre 4mila, quelli che, si dice con il solito stereotipato linguaggio “ pallonaro ”, «in estate hanno dato fiducia a scatola chiusa». La loro fuga dall’Arechi è il dato più significativo nel bel mezzo d’un volar di stracci che racconta solo una parte, piccola e minoritaria, d’un popolo granata che, nella sua silenziosa e però schiacciante maggioranza, s’è sfilato, abbandonandosi a uno scoramento ch’è figlio dall’andamento della squadra, e del risultato ottenuto da chi l’ha allestita e la gestisce.

“ Mio Dio, come sono caduta in basso! ”, verrebbe da dire, rievocando il titolo d’un vecchio film di Luigi Comencini , a questa vecchia signora del calcio di provincia, ormai all’alba dei cent’anni, che soffre da sola e che s’è ridotta a esultare - ieri per un golletto della Cremonese, che tiene il Foggia, prossimo avversario dell’ippocampo, a distanza di sicurezza. La fortuna, infatti, è che laggiù la concorrenza non spinge, o almeno non così tanto da metter realmente in pericolo la Salernitana. Al netto di stravolgimenti, il cavalluccio marino raggiungerà la salvezza anche, o forse soprattutto, grazie ai 20 punti (in 15 partite) della gestione Colantuono . Il tecnico romano rassegnò le dimissioni esattamente un girone fa, dopo la sconfitta di Carpi.

Gli subentrò Gregucci , che in 18 giornate ha ottenuto la miseria di 18 punti, uno a gara, media da retrocessione diretta se in cascina non ci fosse quel po’ di fieno del passato che probabilmente basterà a evitare i playout e a scongiurare disfatte proprio nell’attesissimo campionato del Centenario. Sono i numeri, che non mentono, d’una stagione che ha bocciato l’intero team granata alla prova dei fatti. E non c’è mezzo gaudio davanti al mal comune dell’essersi sbagliati in molti al tramonto del calciomercato estivo della triade Lotito- Mezzaroma-Fabiani , quando gli arrivi della “stella” Di Gennaro , della coppia d’attacco Jallow-Djuric e d’altri calciatori d’affidabilità “certificata” (come Micai , Migliorini o Castiglia ) fecero pensare che la squadra potesse esser davvero competitiva almeno per un piazzamento nei playoff. Tra gli elogi sulla carta e la cartastraccia il passo è breve. Il resto è stato l’accentuarsi d’un distacco profondo tra la società e l’intero ambiente, causa più che effetto d’una indifferenza sfociata nella rassegnazione. Te ne accorgi ancor prima d’arrivare, in auto, dalle parti dell’Arechi.

Non c’è più un metro di coda, né c’è una bandiera granata che sventoli per strada, non c’è neppure un abusivo che ti aspetti imboscato al parcheggio perché ha “fiutato” l’affare. Anche questo, che storia ricordi, non era mai successo…