«Massimo è da applausi Più forte di ogni rivalità»

Il salernitano Sergio Mari è stato una bandiera della Cavese negli anni Ottanta «Sta entrando nel cuore dei tifosi salernitani e quelli metelliani pensano ad altro»

SALERNO. Quando Massimo Coda accende la luce, la Salernitana si sveglia. Ormai l’equazione è di facile risoluzione: col bomber i granata si sono salvati lo scorso anno e provano a regalare un campionato diverso ai propri tifosi in questa stagione, senza di lui non ci sono gol e punti. Massimo Coda da Cava de’ Tirreni è diventato imprescindibile per la Salernitana, così come lo era Sergio Mari, da Salerno, per la Cavese.

Mari, quanto è determinante Coda?

Devo essere sincero, i numeri gli stanno dando ragione. Anche quando viene meno durante i 90 minuti la palla la può sempre buttare dentro, è un aspetto importante soprattutto per i compagni. La speranza che qualcuno ti possa risolvere la partita, nel calcio, è vitale: per questo Coda deve giocare sempre. Il calcio si risolve con i gol. È molto semplice, se hai un attaccante che segna parti avvantaggiato.

Ci sono analogie con la sua storia da calciatore?

A me era un po’ diverso perché io ho giocato dodici derby al Vestuti contro la Salernitana, mentre Coda non affronterà mai con i granata la Cavese. A Salerno se un metelliano gioca bene viene applaudito, altrimenti fischiato: le responsabilità ci sono, ma comunque sono dimezzate. Quando Coda riuscirà ad avere prestazioni costanti, allora il pubblico di Salerno lo accoglierà nel proprio cuore. Un ragazzo di Cava può essere amato dai tifosi della Salernitana.

Secondo lei c’è ancora parte della tifoseria che non lo apprezza?

Sì, perché spesso le sue prestazioni lasciano a desiderare. Quando non segna la Salernitana gioca in 10: serve l’aiuto dei tifosi e dei compagni di squadra per alzare il livello delle prestazioni del singolo.

I tifosi della Cavese cosa devono provare?

Non credo ci pensino più di tanto, sempre perché Cavese e Salernitana non giocano nello stesso campionato. Adesso sono presi dalla propria squadra, mentre Massimo Coda è impegnato a entrare in sintonia con i tifosi granata.

Lei cosa provava a giocare i derby con la maglia della Cavese?

Volevo realizzare la prestazione più bella della mia vita, ogni volta. Abitavo a cento metri dal Vestuti, ho perso un solo derby e tornavo sempre a casa con la scorta. Non era un clima di violenza, ma di passione. Sono molto legato al pubblico di Cava e alla Cavese: ho esordito a 16 anni in C e a 18 in B. Col tempo, però, sono riuscito grazie alla mia professionalità a essere apprezzato anche dal pubblico di Salerno: una volta uscii tra gli applausi dopo un bellissimo 0-0.

Che impressione le ha fatto la Salernitana?

Buona, anche se seguo poco perché il calcio mi ha stancato. Si dà sempre la colpa all’allenatore e non mi va giù: è per questo che mi sono allontanato dal pallone. Se vinci non hai fatto nulla, se perdi non sei nessuno ma il mio punto di vista è un altro. Sannino ha capacità, purtroppo ci sono tifosi che pensano di avere la bacchetta magica. Nel calcio regna un clima esasperato, ma questo sport è molto più difficile di quanto si possa pensare da fuori.

Ha definitivamente chiuso con il calcio?

Sì. Ora mi occupo di scrittura e teatro. In quindici anni ho conosciuto persone molto belle, ma anche alcuni aspetti che non pensavo esistessero nel calcio. Proprio sabato mi sono visto con i miei vecchi compagni della Cavese, come Messina che assomiglia un po’ a Coda. Sono particolari questi centravanti: non sono come noi mediani, costretti a correre 150 chilometri a partita. (l. d. d.)

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