IL GIORNO PIU' TRISTE

Le lacrime e la memoria: il 24 maggio di Salerno

Luca Fusco: "Anche mio fratello su quel treno, resta una lezione per tutti noi"

SALERNO - È una cicatrice nella memoria, e ogni 24 maggio sanguina per ricordare il giorno più triste che il calcio salernitano abbia vissuto. Neppure il tempo, che tutto logora, cancella i segni lasciati da quel lunedì senza sole, che strappò alla vita, nel fiore della gioventù, quattro ragazzi che stavano rientrando a casa dalla trasferta di Piacenza. Era il 1999. Oggi, 19 anni fa esatti. «Tornammo distrutti dopo quel pareggio (1-1 griffato Vierchowod-Fresi, ndr).

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Era fine d’un sogno: la mancata salvezza sul campo ci sembrò una tragedia», racconta Luca Fusco, all’epoca 21enne calciatore - non ancora capitano - che in quella Salernitana esordiva nell’olimpo calcistico, con la maglia che rappresentava la sua città, la stessa per cui tifava fin da quand’era bambino. «Dopo una notte insonne, la mattina dopo ricevetti qualche telefonata. L’ansia era tanta, perché iniziava a circolare la voce che sul treno dei sostenitori granata era accaduto qualcosa e ci viaggiava anche mio fratello Vincenzo», che nel 1999 aveva 19 anni ed era all’alba d’una carriera che l’avrebbe portato a giocare a sua volta pure con la Salernitana. Era lì per passione e amore della casacca della sua città, assieme ad altri mille e più supporters che rientravano su un convoglio stracolmo. Un viaggio all’inferno. «Mi precipitai alla stazione. Trovai tutta la zona transennata - ancora Fusco senior -. Riabbracciai mio fratello mentre le notizie, da confuse, stavano diventando certe. E in quel momento capii che la vera tragedia non era la nostra retrocessione del giorno prima, ma la morte di quattro ragazzi». Si chiamavano Ciro Alfieri, Enzo Lioi, Giuseppe Diodato e Simone Vitale. Salerno, oggi, li ricorda ancora.