La Salernitana si inceppa sul più bello

Il Melfi esce imbattuto dopo una prestazione deludente. Gori protagonista della sfida. E l’arbitro non concede un rigore

SALERNO. Sulle stampelle, ma pure senza idee nè forza tra quelli abili e arruolati. Falcidiata dagli infortuni ma pure castrata da alcune scelte tecniche (Ginestra, Mounard e Giandonato titolari dopo cinque sfide in naftalina, ad un certo punto Calil a sinistra nel tridente, Castiglia adattato a terzino) che finiscono con lo stravolgere ruoli, posizioni, mansioni, coesione.

Con il fiatone, con le gambe imballate, con la testa svuotata e svagata: due partite in tre giorni questa squadra, almeno questa, costretta a dover fare a meno in un sol colpo di Colombo, Franco, Gabionetta, Mendicino, Tuia ed in corso d’opera pure Trevisan (e Pezzella, perchè la fortuna è cieca ma la malasorte no), non può proprio disputarle. Ma è un alibi a doppio taglio: perchè pure il Melfi è reduce da tour de force, perchè sul prato, accompagnati da novemila cuori trepidanti, ci sarebbero solisti ed organico superiori di ben più di una spanna rispetto all’avversario, perchè cercare appigli significherebbe mostrare debolezza e poca personalità. Semplicemente i granata, nel pomeriggio che pareva più comodo, steccano.

Fuori giri. Per 90’ ruminano stancamente, blandamente sul prato, senza mai afferrare un filo d’erba, sbandano eppur si salvano contro un avversario modesto ma efficace nella manovra, semplice, lineare, ripetitiva. È così che la Salernitana fa cilecca, che perde la possibilità di allungare in classifica e di rinvigorire un primato che adesso divide in condominio. Due punti persi oppure uno guadagnato? Nel dibattito in pieno svolgimento propenderemmo per la seconda tesi. Partite così, di solito, si perdono (producendo malumori e perdita di autostima). Si perdono soprattutto se non si ha la fortuna di avere un portiere capace di allungarsi fino all’infinito per evitare il capitombolo, si perdono se non si possiede l’umiltà e l’intelligenza e la capacità di stare sul pezzo senza mollare. Ecco, l’unica nota positiva dal pomeriggio moscio è questa tenuta unita a quella difensiva: per la terza di fila porta granata inviolata. Grazie soprattutto a “Santo” Gori che, sei giorni dopo le polemiche su “San Matteo”, mette a tacere rilievi e titubanze passate sfoderando il vetusto ma formidabile colpo di reni sulla testata di Pinna e poi sulla sberla di Bencardino (tutto in un minuto, a 15’ dalla fine) prendendosi proscenio e palcoscenico. Nella botola invece sprofonda Tortori che, dopo aver ingaggiato un duello personale con il portiere (bravo in almeno altre 4 occasioni), aveva divorato qualche minuto prima l’occasionissima, da solo a due metri da una porta spalancata. Pali che la Salernitana fatica a vedere per tutti i 97’: primo tempo assolutamente vuoto, squadra spezzettata, lunga, incapace di tenersi stretta e di viaggiare sulle fasce, testarda fino allo sfinimento nel cercare la percussione centrale. Ripresa almeno un po’ più sostenuta ma squadra frenata da alcune discutibili scelte tattiche (Calil esterno alto a sinistra, Giandonato trequartista centrale), dal sostegno mancato della (ed alla) punta vertice (Ginestra), dalla scarsa lucidità dell’irrefrenabile Nalini e dalla scelta dell’arbitro di non concedere un rigore (netto) nell’unica volta che i granata avevano trovato il fondo. Nalini la piazza al bacio, Calil è pronto al tap-in da un metro ma Di Filippo lo tira giù: per Giua niente rigore forse perchè magari per questa Salernitana, vincere sarebbe stato davvero troppo.