L’INVITO NON DEVE CADERE NEL VUOTO

Ebbene sì, lo confesso subito, la Salernitana è la mia amante. Lo sanno tutti, anche in famiglia, che è la mia amante! Per uno come me, quindi, non c’è bisogno dell’appello dei tifosi ad andare allo...

Ebbene sì, lo confesso subito, la Salernitana è la mia amante. Lo sanno tutti, anche in famiglia, che è la mia amante! Per uno come me, quindi, non c’è bisogno dell’appello dei tifosi ad andare allo stadio. Non riesco proprio a non andarci quando gioca la Salernitana. Senza essere blasfemo, dico che per me sarebbe un sacrilegio o un tradimento non esserci alla partita della mia squadra. È così fin da bambino, senza mai perderne una! Non c’era ancora nel palinsesto televisivo l’indimenticabile “Novantesimo minuto”, né nella mente degli amministratori comunali l’Arechi, che già frequentavo il vetusto Vestuti.

Perciò l’appello vibrante dei tifosi a tornare all’Arechi non posso non condividerlo e apprezzarlo. Esso non può, né deve rimanere inascoltato! Soprattutto nei momenti delicati e difficili. È questo che sta purtroppo attraversando la nostra Salernitana, cui manca una vittoria ormai da troppo tempo, è un momento difficile. L’invito, spontaneo e accorato, a non disertare proviene ancora una volta da quella parte della tifoseria da sempre molto vicina alle sorti della squadra, cui, in verità, mai ha fatto mancare il proprio calore e forte sostegno. Esso va senz’altro accolto con l’entusiasmo e l’amore sviscerato che solo i tifosi granata sanno trasmettere. Quindi sono certo che anche in questa occasione i salernitani risponderanno all’appello e numerosi affolleranno le gradinate dell’Arechi, incitando e sostenendo la squadra della città, così come del resto è avvenuto nelle occasioni importanti della sua storia ormai quasi centenaria. Lo faranno perché il loro amore è infinito, il loro incitamento è vitale, perché è importante lo sbandieramento della loro fede. Perché è uno spettacolo riempire di colori, di cori e di suoni uno stadio imponente come l’Arechi. La nostra città, come tutti sanno, nutre un amore sviscerato, direi quasi morboso, per la Salernitana. In essa, come nel Santo Patrono, San Matteo, nei suoi colori, nella sua bandiera si identifica, e qualche volta anche in modo esuberante. Senza retorica si può affermare che anche grazie alla Salernitana la città ha riscoperto l’orgoglio di un’appartenenza, la capacità di ritrovare il significato e il senso di comunità, vincoli che soprattutto la promozione in serie A ha magnificamente rafforzato. E i tifosi ne sono consapevoli. E poi essi giustamente sognano una rivincita per i torti subiti, per una retrocessione ingiusta, per una cancellazione a tutti apparsa come un tradimento ai danni dell’intera città. Moltissimi di loro del resto hanno ancora negli occhi le magnifiche domeniche della entusiasmante cavalcata verso la serie A, quella in cui desiderano ardentemente approdare e che sognano insieme all’intera città. Domeniche indimenticabili in cui l’intero stadio si tingeva di granata! L’appello dei tifosi va raccolto anche per questo: la voglia del ritorno nella massima serie. La voglia di risentire il risuono festoso degli applausi e il rimbombo degli storici cori cantanti a squarciagola. Essi desiderano rivedere gli ultras, i tanti club di Salerno e provincia, tutti insieme, i simboli della squadra di nuovo ad occupare tutti i posti dello stadio e a sostenere la Salernitana con l’entusiasmo e il calore delle domeniche della serie A. In quella breve e struggente stagione ci fu una passione collettiva talmente contagiosa da travolgere un’intera provincia. Le lacrime del presidente Aliberti furono identiche alla lacrime che decine di migliaia di persone dal cuore semplice versarono nel momento in cui capirono di aver perso la loro insostituibile, meravigliosa amata. Lotito e Mezzaroma capiscano e comprendano le ambizioni dei tifosi, che come sempre faranno la loro parte fino in fondo. Sta a loro non deludere le speranze e le attese di una tifoseria e di una città.

* professore e tifoso