L’ingegnere Bernardini bravo anche in psicologia

A sei esami dalla laurea, il difensore guarda con ottimismo al match col Verona «La lezione di un anno fa è servita molto, abbiamo imparato a gestire la paura»

SALERNO. Sei esami lo separano dalla laurea in Ingegneria Gestionale ma Alessandro Bernardini, il colosso della difesa granata, ha chiuso i libri a luglio e adesso sta “studiando” solo il Verona. Ha due obiettivi: «Una vittoria domenica sera in casa nostra, contro la corazzata del campionato, e la salvezza da conquistare a fine stagione, senza patemi». Tra le sue grandi passioni, «oltre la pasta allo “scarpariello” che ho imparato a mangiare a Salerno», c’è anche la pallacanestro. «Seguo il campionato Nba, in America la palla a spicchi è leggenda. Tifo New York Knicks. La nostra maratona dell’anno scorso è stata un po’ stile pallacanestro».

Le finali playout sono servite a fare tesoro degli errori?

«Ci hanno insegnato a convivere con la paura e a dominarla con partite senza orizzonte, da dentro o fuori. L’epilogo positivo delle finali salvezza ci ha trasferito autostima: siamo stati calciatori e uomini. In estate ho riflettuto sulle mie espulsioni a Cagliari e a Novara: devo gestire meglio le emozioni nei momenti determinanti. Ora la vecchia guardia è qui: ha meritato la Salernitana e si riprende l’Arechi».

Lei ha guadagnato un contratto più robusto. Pronto a fare da chioccia a Valerio Mantovani?

«C’era una clausola: la società poteva prolungare o svincolarmi. Mi ha rinnovato fiducia e sono felice. Sto bene a Salerno, abito nella zona alta della città e quando spalanco la finestra e vedo il mare ho un motivo in più per sorridere. So che suona strano sentirlo dire da un montanaro come me, però è la verità. È venuta mia madre Germana l’anno scorso quando mi sono rotto le costole ma stiamo programmando la visita anche del mio papà Alfredo e di mia sorella Raffaella. So di essere “benvenuto al Sud”. Mi sento parte importante della squadra, ho esperienza da trasferire al gruppo e al reparto difensivo ma Valerio Mantovani è già un giovane-vecchio. Di Ricardo Bagadur, l’anno scorso, dissi: “Non si fa pippe mentali”. Mantovani ha la stessa scorza dura: non ha avuto paura e il nostro allenatore Sannino non si fa problemi a far giocare i giovani».

Lei è un fedelissimo del tecnico. Che rapporto avete instaurato?

«Schietto. Lui sa che può urlarmi qualsiasi cosa: talvolta andiamo a muso duro ma c’è stima reciproca e non gli porterò mai rancore. C’è sempre stato nei momenti importanti della mia carriera: abbiamo vinto il campionato in C2 con il Varese e siamo stati insieme in serie A. Mi ha allenato in tutte le categorie».

Dopo la disfatta di Terni, lei disse di esser tornato a casa e di non ricordare di aver dato un calcio all’avversario. Potrà mai capitare con Sannino?

«Ci dice che dobbiamo essere arrabbiati ma lucidi, aggressivi ma compatti. Alla Spezia, all’esordio, l’abbiamo dimostrato. Peccato per l’episodio del calcio d’angolo dal quale è nato il gol del pareggio: io e Schiavi siamo rimasti chiusi in due blocchi. Dobbiamo tutti lavorare e migliorare, perché l’area di rigore è casa nostra e lì non si passa. Ripartiamo dalle cose buone: con il Verona si può vincere correndo come matti e sapendo gestire con serenità i momenti di difficoltà, quando gli avversari cercheranno di sfruttare il palleggio, il maggiore tasso tecnico, l’abilità negli inserimenti».

Non ci sarà Pazzini. Un vantaggio?

«Perdono il capitano e il centravanti, ma hanno una squadra di lusso, compresa la panchina. Il pubblico ci aiuterà a superare l’incognita dell’appuntamento al buio con il terreno di gioco che è stato riseminato ed è nuovo anche per noi. Daremo il massimo, sappiamo che occorrerà la partita perfetta per batter la favorita alla vittoria del campionato».

La Salernitana, invece, dove può arrivare?

«Prima la salvezza, poi si vedrà. Di sicuro abbiamo qualità tecnica, spessore, tenacia, pure una bella coppia di attaccanti. Si è aggiunto Rosina che mi ha impressionato per la sua umiltà. È un calciatore con un grande curriculum ma si è presentato come l’ultimo arrivato, si è messo a disposizione. La fascia di capitano alla Spezia è stata una scelta di Sannino ma nessuno di noi ha fiatato, tutti hanno condiviso. Apprezzo carisma e grinta di Buselatto: arriva nello spogliatoio, non dice una parola ma in campo si sente e corre tanto».

C’è fermento in città per la sfida al Verona ma anche un pizzico di tensione. Il suo messaggio ai tifosi?

«Sono contento di questa corsa al biglietto, la gente ci dà tanta carica emotiva. Credo però che Salernitana-Verona vada vissuta in campo e fuori come una partita normale, senza rancore».

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