«Il Lanciano va aggredito Sarà decisiva l’andata»

Tesser con l’Avellino è stato l’ultimo tecnico a battere i frentani allo stadio Biondi «Non bisogna fare calcoli, i granata sono più forti e avranno la spinta dei tifosi»

SALERNO. Attilio Tesser è stato l’ultimo allenatore in grado di battere il Lanciano a domicilio. Quella vittoria ottenuta il 30 aprile allo stadio Biondi è servita all’Avellino – punti decisivi per la salvezza, dopo il pareggio del rilancio che Tesser aveva già strappato a Vercelli, al suo ritorno – ma ha fatto gioco anche alla Salernitana perché le ha permesso di rientrare in corsa almeno per i playout.

Mister, come si batte il Lanciano?

«Noi li andammo a prendere nella loro metà campo, senza calcoli e senza paura. Il Lanciano è una squadra che non rinuncia mai a giocare e costruisce tanto. Perciò non deve essere messa in condizione di ragionare e di fare l’andatura. Le togliemmo l’aria e proprio da un pressing altissimo sul loro portatore di palla nacque la prima ripartenza dell’Avellino che il difensore Amenta stroncò commettendo fallo da rigore su Mokulu. Subirono gol e rimasero in dieci ma non mollarono e la partita restò in bilico, perché il Lanciano è mentalmente forte, ha giocatori di temperamento».

Punti di penalizzazione, squalifiche, la pronuncia del Coni vissuta col fiato sospeso. Il Lanciano ne risentirà in campo?

«Hanno un carattere bestiale, sono caduti e si sono rialzati cento volte. Però stavolta l’attesa consuma, logora: la Salernitana deve preparare due tattiche perché non conosce l’avversaria e potrebbe pure beccare il Livorno, ma il Livorno e il Lanciano non sanno se giocheranno ed è ancora peggio. I playout sono una scarica di adrenalina e non bisogna arrivarci cotti fisicamente e mentalmente. Non so come sia messo adesso il Lanciano. Di sicuro ha assenze che pesano: perderà Di Francesco che ha gioventù, qualità e coraggio, poi Ferrari che ha esperienza e sa fare la battaglia con gli stopper. Ci sono alternative, è ovvio, ma Di Francesco e Ferrari non si regalano a nessuno».

Salernitana col vantaggio di due risultati su tre. Giusto ragionare nell’ottica dei 180’?

«È sbagliato e non credo che commetteranno questo errore. Innanzitutto quando si parla di due risultati su tre significa conteggiare anche la vittoria ed è l’unico risultato che la Salernitana deve avere nella testa, perché questo significa avere mentalità. Lascio la tattica, le scelte e i ragionamenti al mio amico Menichini ma credo proprio che alla squadra, in questi giorni, stia lanciando input diversi da discorsi del tipo “andiamo là e stiamo calmi perché possiamo pure accontentarci”. Se la Salernitana avrà il jolly tra le mani già all’andata dovrà sfruttarlo perché pensare al doppio risultato utile può anche generare un inconsapevole rilassamento nella testa dei calciatori».

Chi potrà essere decisivo in questi playout?

«Coda e Vastola. Coda è il centravanti che può sbloccarsi dopo qualche partita di digiuno. Vastola è il baluardo di una squadra scossa ma ancora lucida. Ha 37 anni ma l’entusiasmo del ragazzino, corre, ha personalità. Il suo alter ego nella Salernitana è Pestrin. Da capitano, saprà trascinare i compagni».

1300 salernitani al seguito. Fattore campo ribaltato?

«Decidono e vincono le squadre ma non c’è dubbio che i tifosi aiutino a giocare meglio. Con l’Avellino ne avevamo 1.300 a Cesena e su sponda granata ricordo il calore e il colore che li ha sempre accompagnati».

Li ha vissuti all’andata e al ritorno. Quanto è cambiata adesso la Salernitana?

«Ha perso Gabionetta, ha dentro Bernardini, ha due attaccanti più consapevoli e decisivi. Ha una fisionomia diversa e si presenta alle partite decisive della stagione con l’assetto definitivo e forse con l’abito che meglio le sta addosso». (p. t.)

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