Il retroscena

Il feeling mai sbocciato tra Lotito e Sannino

La prima scelta del co-patron era Simone Inzaghi poi bloccato dopo il no di Bielsa. I contrasti negli ultimi giorni di mercato sui giocatori funzionali al suo progetto

SALERNO. Lo sanno pure le pietre: il co-patron Claudio Lotito in estate aveva un altro mister per la testa, cioè Simone Inzaghi. Alla presenza del direttore sportivo Angelo Fabiani, avevano parlato pure di staff: era tutto pronto. Il co-patron lo aveva corteggiato e opzionato perché facesse bella e grande la Salernitana, poi è venuto meno Bielsa alla Lazio e Inzaghi è rimasto a Formello. Beppe Sannino è stato una conseguenza, una scelta dei tempi supplementari e al Seci Center, quando è stato presentato, Lotito era nella capitale. Distante, indaffarato, «impicciato», com’è solito dire lui quando lascia fare e decide di non decidere.

Lo sanno pure le pietre: il feeling con Sannino non è mai sbocciato e solo le vittorie, che al momento latitano, avrebbero potuto trasformare il torpore dei rapporti in tepore e poi in passione. «Presidente, ora lasci parlare me. Prenda giovani, presidente, giovani bravi come Marchi. Presidente, ascolti me: a centrocampo mi servono gambe e passo». L’ultimo giorno, anzi nelle ultime due, tre ore di mercato, Sannino aveva fatto ciò che deve fare un allenatore: parlando ad alta voce al Mary Rosy, coltivava un’idea di calcio e aveva chiesto giocatori funzionali al sistema di gioco. Lotito, nel frattempo, gli aveva proposto Ronaldo Pompeu, che è stato trattenuto e adesso non gioca.

Lotito alla presentazione non c’era ma Sannino non se n’è mai fatto un cruccio, perché si è sempre sentito un fortunato e lo ha ripetuto di recente, con signorilità, quando è stato messo davanti all’immagine napoleonica che Lotito regala sempre quando c’è aria di cambiamento: meglio un generale fortunato che bravo. «Sono già fortunato, perché alleno la Salernitana».

In estate, parlando con Mezzaroma (che col Pisa c’era), aveva definito Salerno «punto d’approdo, il mio sogno». Però a un certo punto, col Pisa, Sannino ha avvertito il freddo dell’isolamento e del distacco. Forse per questo motivo (labiale inequivocabile) s’è rivolto alla tribuna e ha detto: «Sono io il problema?». È stato un attimo, la reazione di un tecnico che lavora ma non raccoglie. Forse per questo motivo, blindato dal direttore sportivo Fabiani che l’ha scelto, Sannino ha deciso di fare una puntatina a Maiori, per godersi il sole in faccia e riscaldarsi. In compagnia degli amici e degli affetti più cari, ha riflettuto a lungo ma lo sta facendo anche Lotito, che in testa aveva Inzaghi. E adesso, chi altri? Si era congedato da Leonardo Menichini stringendogli la mano, promettendogli alcune cose. La prima, la più importante: se non fosse arrivato Inzaghi, lui avrebbe potuto sperare. Adesso Lotito riflette e attende al varco Sannino che il 5 novembre, vigilia di San Leonardo, farà di tutto per conquistare la continuità, cioè almeno il punto che in casa non basta più. I maliziosi dicono pure che Menichini senza Bonatti, il suo vice passato alla Primavera della Lazio, sia un po’ come Mosé senza le tavole, cioè orfano del guizzo, del tattico, della lettura. Per questo motivo temporeggia Lotito? Riflette pure Menichini, che chiederebbe garanzie (premio riconferma in caso di obiettivo playoff raggiunto), un lauto ingaggio e due collaboratori nuovi. Lotito di recente ha già chiamato in causa Totò per dire che la somma fa il totale: con Menichini, 250mila euro lordi, tra stipendi al tecnico e ai collaboratori. Può davvero nutrire speranze, il vecchio mister che ha fatto sbocciare la coppia gol Coda-Donnarumma l’anno scorso? Rumors conducono anche al profilo di Gigi De Canio. Ma adesso c’è Sannino, che si gioca il proprio destino nella gara rischia tutto di Cittadella. L’aveva detto presentandosi: «Corro il rischio e preferisco un giorno da leone, allenando in una città che mette pressione e vive di calcio». L’aveva detto, però Lotito non c’era.

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