«I social hanno cambiato l’informazione di oggi» 

L’analisi del giornalista sulle rapide trasformazioni della professione

SALERNO. «Purtroppo oggi si scrivono giornali stando incollati a profili social di personaggi e società sportive».
Gianfranco Coppola, salernitano purosangue, da oltre venti anni in Rai, illustra immediatamente una delle derive del giornalismo sportivo contemporaneo: la caccia alle notizie che sempre più spesso passa anche dai social.
Che giudizio dà dell’informazione sportiva oggi?
Troppi cambiamenti: l’accesso alle fonti è complicatissimo. I nostri predecessori intervistavano i protagonisti sul campo di gara; oggi c’è un plotone di steward che accompagna tutti i calciatori. Le società di calcio mettono a disposizione massimo un paio di atleti e il tecnico che esprimono concetti stringati e uguali per tutti. Anche gli altri sport si sono adeguati. Ne consegue che spesso si finisce per fare informazione cercando notizie sui social.
Quanto è cambiato il mondo dell’informazione sotto i suoi occhi?
Cambia in continuazione. Proprio in questi giorni stiamo completando un corso di digitalizzazione che obbligherà i giornalisti a usare il videoterminale. Dai primi fuorisacco per Avvenire ce ne sono di cambiamenti!
Quale potrebbe essere, oggi, il mezzo di comunicazione più adatto a raccontare lo sport?
La tv ha la possibilità di coagulare in pochi secondi e con un solo sbocco le immagini fornite da una sterminata serie di angolazioni e visuali; è ancora in prima linea. Il racconto più romantico, però, resta quello della radio, che combatte contro le app di smartphone e tablet. Se il racconto radiofonico è avvincente riesce a catturare ancora l’attenzione in maniera magnetica.
Nella sua carriera di giornalista sportivo non c’è solo calcio: qual è il suo sport preferito?
Il ciclismo. È l’unico sport in cui i campioni sono alla portata degli appassionati. Non si paga: vai per strada e aspetti il passaggio della carovana, oggi multicolore e più festosa che mai. È uno sport che resiste agli scandali, capace sempre di risorgere dalle ceneri. La boxe è un altro sport educativo: le due persone sul ring sono avversarie; mai nemiche. Le frequentazioni di sani ring di provincia, come corrispondente del giornale Boxe Ring del direttore Fazi, mi hanno consentito di seguire match doc e di conoscere maestri straordinari come Mario Santucci. E poi ho potuto conoscere Ciro Seta, Enzo Limatola, Patrizio Oliva, un campionissimo.
A proposito, chi è il suo sportivo preferito?
Fausto Coppi. Ogni anno vado a rendere omaggio alla stele che si trova salendo verso Agerola, dove il campionissimo fece impazzire di gioia gli appassionati con una delle sue gare da antologia, sospeso tra cronaca e leggenda, sognando di volare, per dirla alla Alfonso Gatto.
Torniamo alla professione giornalistica: chi sono stati i suoi maestri?
Per l’organizzazione del lavoro Nicola Fruscione, che aveva in Enzo Casciello, un talento, il suo allievo prediletto. Per la generosità nel lavoro Pino Blasi, storico caporedattore Rai. Ho cercato di rubare un pizzico di mestiere da tutti quelli incontrati lungo il mio percorso: da Gianni Brera a Gian Maria Cazzaniga, da Massimo Corcione a Mario Orfeo.
Qual è l’insegnamento più prezioso che ha ricevuto?
Il rigore; sul lavoro è tutto. Collaboravo alle pagine del Giro della Campania de Il Mattino. Il generale Cassero, gran capo dello sport mi chiese: “Che fa Baronchelli?”, indicando la foto del ciclista, accanto a un’intervista, nel taglio basso di una pagina di destra, con il protagonista girato come se guardasse nel vuoto. “Rilascia un’intervista”, risposi. “Gira la foto!”, mi urlò per indicare che Baronchelli doveva “guardare” all’interno della pagina. Potrebbe sembrare una cosa maniacale, ma era rigore; un rigore che fece tirare il lavoro in tipografia per un’ora in più. Oggi, forse, una scena del genere farebbe ridere. Quella redazione del Mattino era piena di virtuosi come Romolo Acampora, che era il vice di Cassero, Peppino Pacileo e Franco Esposito.
Se dovesse scegliere, qual è il ricordo più bello della carriera?
Le Olimpiadi di Barcellona del 1992. Il calendario olimpico si chiude sempre con la maratona; in Spagna avevano una nazionale di pallanuoto galattica e allora fu calendarizzata la pallanuoto come ultimo appuntamento prima della cerimonia di chiusura. Il re Juan Carlos era in tribuna in piscina prima di volare allo stadio; c’era un caldo da impazzire e la nazionale italiana batté Spagna e arbitro. Andreotti, in tribuna sogghignava; Juan Carlos stirò un sorriso livido.
Per concludere, che consiglio darebbe a chi sogna di diventare giornalista oggi?
Purtroppo oggi su Google la parola meno cliccata è fatica; è un termine che deve essere il primo nel dizionario di un giornalista. Bisogna essere al passo tecnologicamente e conoscere perfettamente almeno due lingue straniere. Ci vuole la curiosità e la voglia di sacrificarsi. Non è vero che senza raccomandazioni non si va avanti: ci si deve proporre e ci vogliono le idee. Nessuno con un ruolo di vertice in redazione sbarrerà la strada a una persona capace.
Barbara Ruggiero
©RIPRODUZIONE RISERVATA. (26 - continua. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 9, 16, 23 e 30 gennaio; il 6, 13, 20 e 27 febbraio; il 6, 13, 20 e 27 marzo; il 4, 10, 24 aprile, l’1, l’8, 15, 22 e 29 maggio, 5, 12, 19, 26 giugno, 3 luglio)