I miei grandi maestri Ameri e Ciotti 

«Due fenomeni così diversi tra loro. Ho sempre cercato di non farli rimpiangere»

SALERNO. «Il San Paolo di Napoli è stato ed è ancora lo stadio più emozionante d’Italia». Nei suoi trentacinque anni di esperienza radiofonica, Riccardo Cucchi giura di aver trovato difficilmente lo stesso calore percepito a Napoli anche nei momenti più bassi della storia del club azzurro: «Ricordo che nel periodo in cui il Napoli fu costretto a giocare in C1, con la trasmissione decidemmo comunque di dedicare uno spazio al Napoli: è una piazza importante e non potevamo tralasciarla, anche se la squadra non era più in massima serie. Ricordo che trasmettevano grandi emozioni anche le partite in serie C: il San Paolo era perennemente pieno di gente. Queste sono cose che restano nel cuore». Ma la Campania per Cucchi non è solo Napoli: c’è Benevento, nella cui provincia ha lavorato come educatore in un carcere minorile quando il giornalismo era ancora un sogno e poi ci sono i ricordi di Salernitana e Avellino: «Sono stato spesso in Campania e ho seguito alcune partite della Salernitana in B. Ricordo benissimo l’Avellino di Favero, Tacconi, Vignola; era un club che sfornava calciatori importanti con un presidente discusso e discutibile (Antonio Sibilia). Il presidente era un raffinato intenditore di calcio. Allora i presidenti erano i padri padroni, ma erano anche raffinati intenditori di questo sport e riuscivano a pescare sempre gli elementi giusti». E se dovesse dare un consiglio ai giovani? «Sintetizzare il meglio di Sandro Ciotti ed Enrico Ameri». I due maestri, quelli che Cucchi ha affiancato nel periodo di formazione dei nuovi assunti in Rai nel 1979: «Erano due fuoriclasse, molto diversi: Ameri mi dava appuntamento nella hall dell’albergo la mattina presto, andava a messa e voleva che lo accompagnassi, pranzava molto presto, spesso solo un risotto in bianco, ed eravamo sempre i primi a entrare allo stadio molto prima della partita: era bravo a scopone e giocavamo a carte prima e cercava anche compagni di gioco. Ciotti, invece, era l’opposto: amante della vita, mangiava abbondantemente e arrivava allo stadio giusto per la partita, non portava con sé mai appunti. Poi apriva il microfono e via… Erano anni molto diversi: appena entrati in Rai si seguivano dei corsi di formazione severi. Come maestro di dizione avevamo Arnoldo Foa. Per quello che mi riguarda, ho cercato sempre di non far rimpiangere Ciotti e Ameri.
(bar. rug.)
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