«Ho sbagliato ma l’arbitro ci ha offesi»

L’ex trainer del Ceraso fa chiarezza sulla stangata dopo la gara col Dlf Sapri

CERASO. Autocritico, ma pure determinato a difendere la propria immagine e la dignità del gruppo col quale aveva compiuto una clamorosa rimonta (dal terzultimo al terzo posto in appena otto giornate). Massimo Lisi, 53 anni, titolare di un centro elaborazione dati per assistenza agli anziani a Vallo Scalo, non vuol passare per un mostro per gli episodi che lo scorso 17 marzo hanno portato alla sospensione della gara Dopolavoro Sapri-Ceraso e di conseguenza alla diffida d’esclusione dal campionato del giudice sportivo.

L’ormai ex tecnico del Ceraso intende far chiarezza, partendo dall’assunzione piena delle proprie responsabilità: «Sono il primo a condannare gli episodi che mi hanno visto protagonista. Sono un allenatore, dovrei dare il buon esempio ed invece non l’ho fatto. È giusto pure che mi abbiano inflitto una pena esemplare con due anni di squalifica».

Ma allora cosa c’è che proprio non le va giù?

«Le storpiature evidenti del referto arbitrale. Si legge di aggressioni fisiche, sono stati tirati in ballo addirittura il presidente e due calciatori, Corrente e Ramauro. In particolare quest’ultimo: s’è beccato un anno di squalifica e non ci dorme più la notte perché il ragazzo non ha fatto altro che mantenermi, invitarmi alla calma e smetterla di protestare. Nel referto invece c’è scritto che avrebbe colpito l’arbitro con due calci al polpaccio».

Avete fatto ricorso?

«Certo, ma non ne tireremo fuori nulla. Quando andammo in federazione ci hanno chiesto se avevamo prove televisive e referti della forza pubblica. Ma noi siamo una squadra di Seconda Categoria. Potevamo portare la testimonianza di un nostro dirigente che fa il poliziotto di mestiere, ma non viene ritenuta valida. Come forma di protesta abbiamo quindi deciso di abbandonare il campionato perché nel ricorso ci sta la nostra parola contro quella dell’arbitro».

Ma lei nello specifico cosa ha fatto?

«Io ho protestato ed all’ennesima decisione avversa dell’arbitro ho perso per un attimo la bussola. Sono entrato in campo, gli ho sottratto il cartellino e l’ho buttato via. Ma alla violenza verbale non ha fatto seguito alcuna aggressione fisica. Sono un padre di famiglia, quell’arbitro poteva essere mio figlio. Detto questo, sono il primo ad accusarmi per quanto fatto».

Ma perché tutta questa rabbia?

«Che la partita fosse tesa e che l’arbitro abbia espulso tre calciatori ed assegnato un rigore inesistente agli avversari non le ritengo giustificazioni. Il motivo vero per il quale io ho perso la testa è uno soltanto: dopo un fallo su un mio calciatore ho protestato insieme al dirigente Caringi e l’arbitro s’è avvicinato alla panchina dicendo testuali parole: “coglioni, sedetevi”. È stata una miccia esplosiva: questo tipo di offese non sono accettabili».

Filippo Zenna

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