IL FOCUS

Gol per la A, Margiotta e Di Vaio chiamano Djuric e i suoi fratelli

Le reti dell’agropolese Vincenzo fecero la fortuna di Gipo Viani, Delio Rossi volò con il giovane Marco Gian Piero Ventura trionfò in B a Lecce 

Quelli che fanno vincere o perdere i campionati e accendono la fantasia dei tifosi sono, in genere, i portieri e i goleador. Due categorie di osservati speciali in grado di condannare o fare la fortuna di qualsiasi squadra. Contano, è vero, anche coloro che sanno “vedere” i compagni, mettere la palla al posto giusto, alimentare gli automatismi e le dinamiche in campo e curare la regia del gioco, ma a fare esplodere gli stadi - se non ti chiami Maradona , Pepe Schiaffino , Gianni Rivera o Roberto Baggio - sono le punte in grado di concludere le azioni in rete con tocchi potenti o vellutati, travolgenti, beffardi, cinici, impetuosi, a volte anche ironici, di testa e di piede. Oppure gli estremi difensori dell’area piccola, che fermano chi li assalta con voli acrobatici, uscite coraggiose tra grovigli di teste, di piedi, di gomiti, di urli, di tuffi sulla nuda terra sfidando l’insidia di pestate furibonde anche a costo di restare tramortiti. Qualcuno lo ha chiamato “kamikaze” qualche altro “diavolo volante”.

Questa premessa per porre a Gian Piero Ventura una domanda semplice e impegnativa, ma di fondo: alla fine riuscirà a staccare per la quarta volta nella sua lunga e faticosa carriera di coach il biglietto per ridare alla Salernitana il palcoscenico della serie A? Il glorioso settantaduenne genovese, che è stato nel 2016-17 allenatore poco fortunato della Nazionale italiana, questo vero “camallo della panchina”, riuscirà a pilotare i granata fino al nostro più importante palcoscenico calcistico? L’impresa, dobbiamo ricordarlo, gli è riuscita tre volte: con il Lecce 1996-97 (che aveva preso in serie C 1), il Cagliari 1997-98 (la fantastica stagione della Salernitana di Delio Rossi , prima classificata senza avversari) e il Torino 2011-2012. E qui torna il discorso sui bomber.

Nelle tre promozioni guadagnate faticosamente, appunto con la forza e la coriaceità dei camalli, che sono gli infaticabili lavoratori del porto della sua Genova, Ventura ha sempre beneficiato dello stato di grazia di attaccanti in grado di finalizzare al massimo l’impegno collettivo delle squadre da lui pilotate. A Lecce il bomber fu Cosimo Francioso (66 presenze e 36 reti in C e in B); a Cagliari il ben noto Roberto Muzzi (16 centri) e a Torino Rolando Bianchi con 8 gol. Tutti e tre erano non solo elementi di valore, ma sotto porta sapevano imporsi. Nel 2000 Francioso, con il Genoa, vinse con 24 gol il titolo di capocannoniere cadetti; Muzzi con le sue 19 presenze e 4 reti conquistò ben due titoli europei con la Nazionale Under 21 (1992 e 1994) e Bianchi, un corazziere di 1.88 con 71 gol batté il record dell’indimenticabile Ezio Loik , del grande Torino, e segnò quattro gol in Premier League con il Manchester City, vestendo anche diciotto volte la maglia azzurra Under 17, Under 20 e Under 21 con 8 marcature. Anche Gipo Viani e Delio Rossi, i due allenatori artefici delle storiche promozioni della Salernitana in serie A nel 1946-47 e nel 1997-98, poterono contare su due formidabili bomber capaci di finalizzare la loro concretezza alla realizzazione del day-dream della torcida granata.

Le imprese scaturirono senz’altro da un impegno collettivo di giocatori, dirigenti, staff tecnico-medico e addetti amministrativi, ma su tutti svettarono loro, i goleador Vincenzo Margiotta , ventinovenne di Agropoli, e Marco Di Vaio , ventenne romano. Sono nomi scritti a caratteri d’oro nella favola dei cent’anni del calcio granata. Il primo è ben radicato nel calcio salernitano, avendo militato per più di trent’anni, come calciatore e allenatore, sui campi di Agropoli, sua città natale, Battipaglia e Salerno, e avendo avuto due figli, Lorenzo e Federico, parimenti calciatori.

Con la Salernitana giocò cinque stagioni di fuoco, vincendo un campionato di serie C nel 1941-42, con 25 reti messe a segno, ma la squadra fu retrocessa per il più inutile illecito sportivo mai commesso. Poi vinse una Coppa della liberazione e un regionale misto e, l’anno successivo, 1945-46, segnò sette reti in un campionato misto serie A e B Centro Nord con Napoli, Fiorentina, Bari, Taranto, Siena e altre squadre. Altre otto le mise a segno nel torneo Centro Sud del 1946 con Cosenza, Scafatese Torrer e Pescara. Infine nel 1946-47 i suoi 18 gol fecero impazzire la tifoseria granata e portarono la Salernitana in serie A. Nel massimo campionato infortuni e incomprensioni lo costrinsero a mordere il freno inchiodandolo a soli tre gol. Fu ceduto al Taranto e chiuse una straordinaria carriera di goleador in tripla cifra: 149 marcature complessivamente di cui 82 in maglia granata. Nessuno più di lui. Ma Marco Di Vaio fu un astro dal curriculum ben più luminoso.

Pose 21 sigilli personali nella travolgente scalata dello squadrone di Delio Rossi e dedicò la serie A conquistata, lui che aveva 21 anni suonati, al…fratellino nascituro. Nel massimo campionato i suoi 12 gol non bastarono a salvare i granata da una cocente retrocessione, ma si prese la soddisfazione di stendere, in un Arechi stracolmo, la stellare Juventus di Zidane , Deschamps , Antonio Conte e Pippo Inzaghi , con un secco piattone su cross basso di Di Michele dalla linea di fondo di sinistra. In seguito il romanino non è stato mai abbandonato dalla Dea Bendata e ha indossato maglie prestigiose e quattordici volte quella azzurra della Nazionale.

Tornando alla Salernitana di oggi, del “camallo” genovese Ventura, impegnata nella terza rincorsa alla serie A, non è detto che non possa farcela. Il grande vuoto creato dal Benevento ha appiattito le concorrenti, rivelando un campo di valori abbastanza livellato in cui finiranno con il prevalere l’efficienza fisica e la resistenza sui terreni pesanti ormai annunciati. Tuttavia crediamo che conteranno anche le capacità, la continuità e il coraggio degli uomini-gol. È per questo che Milan Djuric , Lamin Jallow , Cedric Gondo e il rigorista Sofian Klyine sono chiamati in causa. Dovranno far vedere dove possono arrivare le loro doti di realizzatori se spinte al massimo. Ovvio che dovrà funzionare tutta la squadra. Ma sono loro a dover innestare la marcia in più richiesta dalla corsa. Come fecero Vincenzo Margiotta e Marco Di Vaio.