L'INTERVISTA

Gabriele Gravina: «Questo Coronavirus non è un gioco»

Il presidente della Figc: «Il decesso di mister Vanacore ci insegni che nessuno è indenne»

SALERNO - «La morte dell’allenatore Antonio Vanacore è una tragedia, che davvero mi rattrista. Sono vicino alla sua famiglia, alla società della Cavese con cui operava, a chi ha avuto la possibilità di conoscerlo ed ora avverte un momento di grande tristezza. Ma quanto è accaduto deve indurci a capire che quella del Covid non è una partita ma una guerra in atto in cui tutti debbono fare la propria parte». Parole del presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio, Gabriele Gravina.

Ma, in concreto, che cosa occorre fare?
Innanzitutto assumere tutte le precauzioni del caso contro un avversario che non abbiamo di fronte e, quindi, a maggior ragione imprevedibile. Pertanto prevenzione e, soprattutto, ciascuno deve essere sentinella per la propria persona e gli altri. I protocolli predisposti per le attività calcistiche non sono carta frutto di burocrazia ma ricetta degli esperti per evitare di incorrere in rischi.

Antonio Vanacore è stato il primo sportivo in Italia colpito a morte da questa pandemia.
Questa, purtroppo, è la prova evidente che lo sport non vive in un’isola felice e non è esente dalla possibilità di contagi. Ma spero che non ce ne siano altri, di decessi.
Lutto nella settimana in cui il calcio in ogni regione d’Italia si prepara alla ripresa del torneo di Eccellenza, mentre per le categorie inferiori la sospensione è divenuta definitiva.
Come persona Gabriele Gravina, oltre che naturalmente in qualità di presidente della Federazione Italiana Gioco calcio, chiaro che la volontà è sempre quella del ritorno in campo. Si tratta di una speranza che a giorni dovrebbe concretizzarsi con le squadre del massimo torneo regionale e che ancor più deve farci comprendere quanto di non bello a causa della pandemia stiamo vivendo.

Un calcio, è il caso di dire, ad ogni polemica?
Credo che solo il pensiero dell’allenatore della Cavese che non c’è più valga più di ogni risposta.

Un gesto concreto è quello messo in campo dalle tifoserie campane che, nel ricordo di Vanacore, hanno messo alle spalle ogni rivalità.
Non lo sapevo e ne prendo atto con estremo piacere, significa che i valori dello sport non sono chiacchiere. Ecco, io vorrei soprattutto una cosa.

Quale?
Che, senza distinzioni tra sportivi e non, nessuno dimentichi la tragedia di Vanacore e delle altre centinaia di persone che in questo anno hanno perso la vita. Non solo in questa fase di criticità ciascuno viva la quotidianità e coltivi le proprie passioni nel rispetto delle regole anche se impongono limitazioni.

La data del 18 marzo è stata indicata come Giornata nazionale in memoria delle vittime da Covid. Come la Figc vorrà e, quindi, potrà ricordare Vanacore?
La memoria è un valido esempio per il futuro. Il ricordo di persone o avvenimenti per ogni sportivo è linfa, di certo non dimenticheremo Antonio Vanacore.