«Complimenti Salernitana Perrone è il valore in più»

Andrea Agostinelli racconta la sua esperienza in granata e parla del futuro «Vincere in Prima Divisione non sarà facile vista la formula: serve continuità»

SALERNO. Carlo Perrone è un predestinato: autorevolezza nel carattere, scrupolo nelle questioni di campo. Adatto, adattissimo per diventare la storia del calcio granata. L’assicurazione arriva da Andrea Agostinelli, tecnico anconetano che a Salerno nel 2008 stabilì il più atipico dei guinness: l’esonero da primo in classifica. Era la Salernitana di Di Napoli: poco spettacolare ma pratica, non velocissima ma smaliziata e con mentalità da grande.

Cinque anni ed ancora ricordi forti…

«Non potrei mai dimenticare quell’annata. Mi sento il vincitore morale di quel torneo. Costruimmo tutto in sinergia, creammo quasi subito il vuoto dietro di noi. Poi un lieve calo e dopo la sconfitta di Taranto la società si lasciò travolgere dagli eventi: nulla era compromesso, avevamo comunque 4 punti sulla seconda».

Ne parla con un groppo in gola…

«Il più grande rimpianto della mia carriera. Il progetto era importante, il feeling con la piazza divenne straordinario. Avrei voluto continuare, lo meritavo: qualsiasi squadra nel corso della stagione può vivere un periodo difficile, ma noi avevamo piena consapevolezza d’essere i più forti».

Le imputavano un calcio troppo piatto, aveva ragione la critica?

«Per certi versi sì. Quella squadra non giocava un bel calcio, ma era molto pratica. Fu pensata così dal principio: c’era tanta esperienza e la missione più importante per l’allenatore era la gestione del gruppo. Ci bastava poco per segnare ed era poi impossibile rimontarci».

Un po’ come la Salernitana di Perrone?

«Premetto che non ho avuto molte possibilità per seguire da vicino la Salernitana ma in quelle rare occasioni mi sono fatto l’idea di squadra di roccia, con piena coscienza dei propri mezzi. Forse non ha brillato tanto sul piano spettacolare ma ha dato sempre la sensazione di essere di un altro pianeta rispetto alla concorrenza».

Missione più semplice, quindi, rispetto alla sua Salernitana?

«Partiamo da un presupposto: nel calcio vincere non è mai facile o scontato. Basta prendere in esame le difficoltà incontrate in partenza con Galderisi. Quindi non esistono meriti più o meno grandi. Però un dato è inconfutabile: la concorrenza di quest’anno era morbida mentre nel 2007/08 le nostre antagoniste si chiamavano Ancona, Taranto, Crotone, Gallipoli: tasso tecnico spaventoso, il più elevato degli ultimi 10-15 anni di C1».

Prospettive ben diverse per il prossimo campionato di Prima divisione?

«Sarà un torneo anomalo in attesa della riforma. La mancanza di retrocessioni porterà giocoforza molte società a ridimensionare gli investimenti, magari a rientrare con le spese dopo aver investito tanto. Questo porterà ad una concorrenza meno agguerrita. Ma a prescindere da tutto, chi fa calcio a Salerno è consapevole che si deve programmare per vincere. In una piazza così non si può di certo vivacchiare in Prima divisione. E poi c’è un’altra “anomalia” che può diventare un boomerang».

Quale?

«La nuova composizione della griglia playoff. Ci entra dentro perfino la nona e per arrivare alla B bisogna vincere praticamente un mini-campionato di sei partite. Un motivo in più, quindi, per puntare alla prima posizione».

Da chi bisognerà riguardarsi per la promozione diretta?

«Presto, troppo presto per fare gerarchie. Sarà tutto più chiaro a fine luglio con molte operazioni di mercato già formalizzate. Per ora solo due squadre hanno blasone e capacità di competere: il Perugia ed il Benevento».

Quale sarà il valore aggiunto della Salernitana?

«Carlo Perrone. E non perché siamo amici. Con lui la Salernitana è rinata: due promozioni consecutive, record su record, equilibrio e temperamento per una piazza così esigente. Abbiamo giocato insieme alla Lazio e non ci siamo mai persi di vista: è una gran persona e la sua carriera potrebbe decollare definitivamente il prossimo anno».

E sul fronte organico, su chi punterebbe ad occhi chiusi?

«Sembrerà scontata la mia risposta, ma dico Ginestra. È un attaccante senza confini, segna in qualsiasi categoria e poi ha il carisma necessario per trascinare tutto il gruppo».

Quant’è importante la presenza di Lotito e Mezzaroma?

«Fondamentale. Se c’è precarietà ai vertici si riflette poi in campo. Quando, invece, hai le spalle protette da due persone così viene naturale lottare sempre per il massimo obiettivo. E poi, Lotito è una specie di mago: rende oro qualsiasi cosa tocca».

Filippo Zenna

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