Coda a caccia di vendetta

La Salernitana s’aggrappa al bomber che a Cagliari giocò la sua ultima in A

SALERNO. Ogni cuore ha una memoria, ogni stadio ha la sua storia. Dopo la sua squalifica col Modena e le imprecazioni dei tifosi, Massimo Coda si carica la Salernitana sulle spalle e riparte dal Sant’Elia di Cagliari, dove ha disputato la sua ultima partita da titolare con il Parma, in A. Si congedò qualche settimana dopo a Firenze ma coi viola giocò uno spezzone, ininfluente. La tappa di Cagliari, invece, la ricorda bene: il 4 maggio di un anno fa, finì 4-0 per gli isolani e il primo tempo fu da incubo, già sotto di 3 gol. Ogni cuore ha la sua memoria e Coda vuole vendicare la goleada, sogna proprio in Sardegna la stoccata della salvezza della Salernitana. Menichini fa lo stesso sogno: nello stadio che gli appartenne da vice di Mazzone, gli piacerebbe veder lampeggiare la B dei granata. Magari non sul maxischermo del Sant’Elia come accadde con la scritta “Uefa” alle ore 18.15 del 6 giugno del ’93 dopo la vittoria storica dei sardi per 4-0 sul Pescara, ma almeno negli occhi e nei cuori granata. Servirà una vittoria e per vincere non si può prescindere da Coda, il bomber, il miglior realizzatore. Il Cagliari, che ha segnato 73 volte e addirittura 13 gol nelle ultime 5 gare, ha un attacco mitraglia con tanti califfi: Farias con 14 reti, Joao Pedro 13, Giannetti 9, Sau e Melchiorri 8 a testa, senza dimenticare il giovane Cerri con 3. La Salernitana, invece, soprattutto quella formato trasferta, ha solo lui, Massimo Coda.

Non se la prenda Donnarumma, ma il campo parla, da tempo. Fuori casa, nella gestione Menichini, il “gemello del gol” s’è molto spesso eclissato e c’è stata quasi sempre la firma di Coda in calce ai pari della speranza: a Trapani in anticipo sul difensore, a Cesena e a Perugia su rigore, a Vercelli di testa. In bianco ad Ascoli ma solo perché quel satanasso di Cacia, sulla linea di porta, si sostituì al portiere respingendo il colpo di testa destinato in fondo al sacco. Poi l’ammonizione rimediata per aver sbracciato nel gioco aereo ha privato la Salernitana del suo corazziere nell’assalto decisivo al Modena e ha fatto disperare Menichini.

Ora è ritornato e in questi giorni l’hanno cercato i tifosi e le tifose per le foto. Coda non s’è negato ma la sua testa è a Cagliari e il suo cuore – quello di prossimo papà – all’evento dolcissimo che ad agosto gli cambierà la vita. A Salerno sta vivendo una stagione che è partita in salita ma che è diventata della maturità e della felicità personale, compreso un ricco bonus. Manca solo la salvezza tanto desiderata. Per ottenerla servono i suoi gol. Perché Coda ora per i granata è tutto: punta e apri varchi, occhi e speranza. Al di là del traguardo personale (sfondare quota 18 significherebbe far meglio dell’esperienza in Slovenia), sulle spalle di Coda c’è il peso dell’attacco. Tutti, pure Donnarumma, possono cambiare o modificare leggermente posizione tranne il bomber. Con lui in attacco, la Salernitana perde centimetri e forza fisica. Orfano del centravanti, Donnarumma non è lo stesso. Ha una grande dote, il bomber: è sereno, al punto da apparire talvolta senza emozioni, scollegato. Invece è solo equilibrio interiore. La serenità, arma in più quando all’Arechi fallì il rigore col Pescara e fece il pieno di critiche e invettive, è stata alleata fedele anche quando ha dovuto scaricare in porta il rigore-batticuore col Latina.

Ogni cuore ha la sua memoria: segnare a Cagliari il gol della staffa significherebbe far pace anche con i ricordi.

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