LA STORIA

Circolo Canottieri Irno, 110 anni di sport

Compleanno speciale per un’istituzione della città: nacque il 7 giugno del 1910 con la denominazione Club Nautico Salerno

Un amore profondo per lo sport e per il mare. Si sintetizzata così la lunga storia del Circolo Canottieri Irno, 110 anni di tradizione, che ne fanno la società sportiva più antica di Salerno. Una storia iniziata nei primi anni del ‘900, quando in città si inizia a parlare di una nuova pratica, il canottaggio, fino ad allora visto come mezzo per effettuare delle simpatiche ed eleganti gite lungo le spiagge, zero agonismo ed abbigliamento di classe, dalla giacca e cravatta alla “paglietta”.

Anche le imbarcazioni sono le più disparate, alcune anche dotate di vela, prima della folgorazione di un gruppo di giovani salernitani. Gaetano e Franz Moscati, futuri fondatori del Circolo Irno, fanno costruire due baleniere, una delle quali chiamata Ninon, in onore di Ninon De Lenclos, signora dei libertini salotti parigini che la gioventù salernitana sogna in maniera sfrenata. Sono questi i primi tentativi di associazionismo, lavoro confluito poi nelle idee dell’onorevole Pietro Pellegrino, altra mente visionaria. Prima aveva lanciato l’idea di collegare Salerno e Amalfi a mezzo ferrovia, poi la costruzione di un ippodromo nella Piana del Sele, infine l’idea di un nuovo circolo, accolta con entusiasmo dalle migliori famiglie della borghesia salernitana, che il 7 giugno del 1910 danno vita al Club Nautico Salerno. Già, è questo il primo nome del futuro Circolo Canottieri Irno, che solo più tardi cambierà denominazione, in seguito a una scissione guidata da un sodalizio di giovani atleti, nata per rimettere l’attività sportiva al centro delle attività del Circolo, che giorno dopo giorno era diventato per i soci più anziani solo un ritrovo elegante dove tenere serate musicali e feste, un’occasione sempre più visibile di mondanità. Il nome con il quale ancora oggi è conosciuto, sarà infatti decretato nel settembre del 1913.

Con la fine del Club Nautico, anche a causa di un incendio che devasterà la prima storica sede situata sulla spiaggia di Santa Teresa, saranno ereditati anche il guidone, storico vessillo dai colori bianco e rosso, che avrà in futuro agli atleti in pettorina il nome di “pettirossi”, e il prestigioso motto arrivato tramite telegramma, di Gabriele D’Annunzio. “Velis Remisque Remis Ventisque”, recita il motto del sommo poeta, che ha preso in prestito un verso di Cicerone e uno di Virgilio. Un errore di battitura manderà perfino in crisi i maggiori latinisti della città: nessuno poteva ipotizzare un errore del Vate, prima della traduzione risolutiva. “Colle vele e coi remi, coi remi e coi venti”. Poi lo spostamento al Porto, prima dell’avvento del Fascismo. Dopo un periodo (breve) di fusione con la Rari Nantes alla fine degli anni Venti, nel 1934, all’alba della guerra d’Etiopia, la banchina sarà allargata e destinata a scopi militari: l’allora presidente Renato Belelli, uno dei principali pionieri dello sport cittadino insieme al fratello Anacleto e a Donato Vestuti, riesce a mediare con il Regime e a ottenere la sede storica di via Porto.

Stefano Masucci

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