L'INTERVISTA

Calcio, Di Cintio: «Con lo stop la partita va in tribunale»

Allarme sul futuro dell’intero sistema calcistico: «Speriamo nel ritorno in campo o sarà la stagione dei ricorsi»

«Ritornare in campo è la speranza di tutti altrimenti prepariamoci ad una nuova estate con partite giocate nelle aule dei tribunali». L’avvocato Cesare Di Cintio lancia l’allarme sul futuro dell’intero sistema calcistico italiano. Il legale, esperto in materia sportiva, da anni è in prima linea al fianco dei club di calcio, impegnato nei più rilevanti dibattiti sulle problematiche di settore. Due estati fa fu protagonista di lunghe azioni contro il progetto di una serie B a 19 squadre partecipanti, ora Di Cintio anticipa una possibile battaglia legale in caso di mancato ritorno in campo da parte delle società di calcio.

Avvocato, l’emergenza “Coronavirus” rischia di sconquassare i programmi futuri dell’intero sistema calcistico.

Personalmente penso che il futuro del calcio sia legato al parere che verrà dato dai medici e dalla commissione scientifica. Attualmente è prematuro poter fare qualsiasi genere di previsioni. Ovviamente la speranza è che si possa ritornare in campo anche in virtù delle pericolose conseguenze per l’intero sistema calcio. In questo momento la preoccupazione è legata a cosa dirà l’Istituto Superiore di Sanità. C’è chi spinge per la ripresa e chi prova a tirare l’acqua al proprio mulino. Ovvio però che il profilo della serie A è ben diverso dalle realtà di serie B e serie C. Senza dimenticare che le società che chiederanno ai propri tesserati di ritornare in campo dovranno assumersi le proprie responsabilità morali oltre che giuridiche.

Tante, però, restano le incognite sulla ripartenza. Quale scenario prevede in caso di uno stop definitivo all’attività calcistica?

La speranza che tutti si augurano è quella di poter ritornare in campo e decidere sul campo i campionati senza innescare battaglie legali. Altrimenti sarà tempo di contenziosi e ricorsi in tribunale. Una possibilità concreta potrebbe essere il blocco delle retrocessioni permettendo alle squadre che avrebbero acquisito le promozioni sul campo di poter fare il salto di categoria. Penso al Benevento in serie B, così come al Monza e alla Reggina in serie C. In questo modo si ridurrebbe al minimo l’alveo dei club scontenti da questa decisione, avendo così anche un numero minore di ricorsi da fronteggiare e chiudere per dare il via alla nuova stagione.

Intanto all’ordine del giorno c’è il dibattito sul tema stipendi.

Innanzitutto c’è da capire quale sarà il destino dei campionati prima di riuscire a risolvere questo tema spinoso. C’è bisogno di equilibrio. Mettere sullo stesso piano calciatori di serie A, serie B e serie C è estremamente impensabile. Ci sono squilibri significativi tra gli ingaggi proposti in massima serie ed i minimi sindacali offerti ai tesserati di serie C. C’è bisogno di estremo equilibrio: le società devono risparmiare ma le mancate prestazioni in questo caso non sono imputabili ai calciatori. Pertanto, come detto prima, la parola d’ordine resta equilibrio. Dirigenza e mondo dei calciatori sono due facce della stessa medaglia e solo facendo un passo l’uno verso l’altro si può davvero garantire al sistema di sopravvivere in condizioni idonee.

Discorso simile ma con cifre e scenari completamente diversi per la serie C.

Parliamo di un mondo dove la difficoltà è quella di dover riprendere un’attività nella quale i presidenti sono dei veri e propri mecenati che investono denaro proprio e che in questo momento hanno le aziende di riferimento in cassa integrazione. È un problema sanitario, ma anche economico, bisognerà trovare una soluzione alternativa. L’interruzione delle manifestazioni ha fermato la macchina produttiva degli introiti e più si scende di categoria e maggiore è il danno economico.

Sabato Romeo