«Basta con il mio nome è l’ora di avere un erede»

Breda rievoca la prodezza che nel ’94 regalò la vittoria allo stadio Partenio «Sono passati 22 anni e la Salernitana adesso ha bisogno di fare un colpo»

SALERNO. «Mi piacerebbe che il “mio” striscione , Breda al 76’, venisse presto affiancato da uno nuovo, con altro cognome e altro minuto». Roberto Breda, allenatore della Ternana, formula un augurio tutto granata alla Salernitana che si prepara al derby con l’Avellino. Lo striscione storico al quale fa riferimento l’ex mediano, metronomo e capitano fu srotolato con orgoglio dagli ultras in tutti gli stadi d’Italia, dopo il bolide col quale Breda trafisse da fuori area il portiere dell’Avellino Negretti. Era il 20 febbraio 1994: la Salernitana espugnò il “Partenio” e Breda segnò faccia alla curva dell’Avellino.

Alle sue spalle, invece?

«Un secondo infinito, di silenzio, giusto il tempo di rendersi conto. Poi il boato della curva piena di tifosi della Salernitana. Credo di aver ben figurato in granata, ma quel gol mi ha fatto diventare Breda, agli occhi dei salernitani. Col tempo diventai uomo della provvidenza nei derby: bel gol alla Juve Stabia in regular season, un altro nella giornata indimenticabile della finale playoff vinta allo stadio San Paolo. Però il gol all’Avellino nessuno lo cancella: è un brivido, è un minuto magico, è un pallone che gira all’improvviso ingannando Negretti. Ho un aneddoto».

Qual è?

«Prendemmo lo stesso aereo la sera, di ritorno a casa. Io andavo da mia moglie a Genova e Negretti ritornava a Savona. Era giù di corda, mogio. Io, invece, terribilmente felice. Avevo sempre tirato dalla distanza, avevo sempre sognato un gol in una partita che sarebbe diventata storica e il destino ha voluto che fosse proprio contro l’Avellino, prima squadra che ho visto all’opera contro la Salernitana da tesserato ma spettatore. Accadde all’andata. Dopo aver incontrato Castagnini al Flaminio per accordarci sul passaggio alla Salernitana e dopo aver sfiorato la depressione perché era la prima partita di C vista in vita mia, senza pubblico laziale contro altra formazione, ripresi entusiasmo quando mi trasferii all’Arechi per vedere Salernitana-Avellino, match d’andata. C’erano 20mila spettatori e mi emozionai. Non potevo giocarla perché per problemi di tesseramento potevo essere impiegato solo a novembre. Pensai: «Che bello sarebbe se segnassi al ritorno. Accadde e divenni idolo».

Quasi 22 anni dopo, si riparte da condizioni psicologhe agli antipodi. Avellino favorita?

«E’ una delle squadre più attive sul mercato, s’è mossa benissimo, è reduce da cinque vittorie di fila e la Salernitana ha compiuto tre passi falsi ma la ripresa è sempre un’incognita, dopo la sosta lunga. Guardate cos’è successo in serie A: il Carpi ha fermato la Lazio alla Befana e il Bologna ha sbancato San Siro. Credo inoltre che il fattore psicologico – Avellino col vento in poppa e Salernitana alla ricerca dei punti salvezza – sia azzerato dall’adrenalina del derby, che è gara sui generis».

E’ pure il derby di Zito, che ha cambiato maglia in queste ore. Le piace il nuovo calciatore della Salernitana?

«Buon giocatore che ha belle caratteristiche sia tecniche che di personalità. Può far bene a Salerno ed ha anche il dente avvelenato perché non ha trovato molto spazio nelle ultime settimane di permanenza ad Avellino».

La Salernitana rischia grosso?

«Ventotto punti sono tanti da fare ma non sono impossibili. Quelli di Avellino, se arrivassero, sarebbero pesantissimi. Nel ’94, dopo la vittoria con mia firma, prendemmo il largo e conquistammo altri dodici risultati utili che ci condussero poi ai playoff da terzi in classifica». (p. t.)