SALERNITANA

Adl, sgarbo a Iervolino senza precedenti

In passato il presidente dei partenopei Lauro evitò che l’ippocampo sparisse e organizzò un’amichevole al “Vestuti”

Salernitana e Napoli, a parte i tafferugli tra le due tifoserie nel lontano primo dopoguerra, non erano mai state in rotta di collisione come in questo giugno rovente. Anzi, i rapporti tra le due società erano stati, se non idilliaci, di corretta rivalità sportiva contrassegnata più volte da reciproci scambi di giocatori.

Si fa presto a frugare anche nel passato più lontano. Nel 1936-37 la maglia azzurra la indossò un salernitano doc, l’ala destra Alfonso Carella, e il Napoli fu pronto a ricambiare la cortesia, dicendo si al passaggio del più iconico dei suoi campioni, Attila Sallustro, alla Salernitana nel 1938-39, stagione dell’esordio in serie B della squadra biancoceleste.

I rapporti tra i due sodalizi si rafforzarono alla fine del campionato di serie A 1947-48 in occasione della ingiusta retrocessione delle due squadre campane per motivi poco chiari. Dopo gli ultimi 90 minuti, dirigenti granata e azzurri si ritrovarono insieme su un unico fronte di contestazione ai Santuari federali con ricorsi, accuse di colpi bassi sferrati al calcio del Sud e ancora di peggio. Non ne cavarono un ragno dal buco, ma almeno si strizzarono l’occhio al punto che, a fine febbraio 1949, il Napoli, in piena crisi tecnica e disciplinare, si rivolse a Domenico Mattioli, tycoon che aveva appena lasciato la presidenza della Salernitana, per affidargli la gestione della squadra in serie B.

Fu un avvenimento storico. Mattioli si fece affiancare da Vittorio Mosele , già portiere del Napoli di Sallustro e, dopo il 1943, anche della Salernitana. Felice Borel , che aveva impostato il Napoli con il vecchio metodo, e De Manes furono esautorati e la strana coppia arrivata da Salerno incominciò a recuperare la disciplina che non esisteva più, riuscendo a rasserenare lo spogliatoio, a placare i tifosi con i quali avevano condiviso l’allontanamento di Borel e De Manes e, cosa più difficile, inculcarono nei riottosi azzurri il senso della disciplina perduta. Il Napoli risalì la classifica e si piazzò al sesto posto. Mattioli e Mosele, prima di lasciare l’incarico con soddisfazione di tutti, fecero un ultimo regalo alla società azzurra, consigliando al presidente Musollino l’acquisto dalla Salernitana di due giocatori che valutavano indispensabili per scalare la serie A: Vultaggio e Dagianti veri diesel inesauribili. Infatti il massimo obiettivo fu centrato subito e nell’immediato futuro i rapporti tra le due società si rinsaldarono ancora di più. Tant’è vero che Costantino De Andreis passò alla Salernitana, diventando il più forte regista di quegli anni, e il terzino Scopigno smise la maglia granata per indossare quella azzurra.

Intanto il comandante Lauro mostrava sempre più simpatia per Salerno. Così, quando il ginecologo Paolo Cascavilla , consigliere comunale monarchico, nel 1954 lanciò al suo capo politico l’ SOS per la Salernitana finita alla canna del gas, Lauro non disse di no e a Salerno arrivarono Amicarelli e i soldi per Fanin e Tullio Ghersetich , goleador di eccellente rendimento. Toccò a don Mario Saracino portare la squadra in salvo con 14 risultati positivi.

Nella stagione successiva don Achille ottenne la presidenza onoraria, confermò Amicarelli e portò da Napoli il terzino Del Bene e il giovane stopper Pizzi . Ma fece di più. Volle al “Vestuti” un’amichevole con il Napoli al completo, vale a dire con Jeppson , Vinicio e Amadei , raccomandando loro di dare spettacolo assieme ai ritrovati “cugini”. Finì 3-2 per gli azzurri e le due tifoserie gradirono molto.

Nella serie C 1960-61 il commissario Pasquale Gagliardi , deluso da Ettore Puricell i, per salvarsi da una rovinosa retrocessione, si rivolse ancora al Napoli di Cuomo , il quale non perse tempo a “liberare” Fontanesi , Franchini e Berltrandi per non fare andare a picco la barca granata.

Un primo inasprimento dei rapporti risale all’anno in cui don Felipe Gagliardi , il miliardario venezuelano di Montesano sulla Marcellana, che era il vero nume tutelare della Salernitana, fece sapere a don Achille Lauro di essere disposto a investire i suoi capitali per rilevare il Napoli ridotto malaccio. Il comandante rispose sprezzantemente di non fare chiacchiere e farsi, invece, avanti con gli cheques in bianco. Non si parlarono mai faccia a faccia nè per telefono. Si mostrarono ambedue inspiegabilmente offesi, tuttavia non si alzarono barriere come avvenuto oggi.

Se proprio si vuole pescare nel torbido, forse si deve risalire alla mancata cessione di Gennaro Tutino , il bomber ceduto dal Napoli in prestito al Parma invece che alla Salernitana alla quale aveva regalato i 13 gol per il ritorno in serie A.

Ma il presunto odierno sgarbo di Aurelio De Laurentiis al giovane collega Danilo Iervolino non ha vistosi precedenti. Purtroppo non sarà facile stemperare gli animi più accesi e riportare le due tifoserie a una serena quanto necessaria non belligeranza.