Vico Masuccio, il cuore pulsante del Sud sale sul palco

Dalla tradizione del folk brigantesco una nuova musica d’avanguardia con radici etniche e influenze rhythm and blues

SALERNO. I Vico Masuccio cantano il cuore pulsante della Campania. Senza sofismi e senza sovrastrutture, procedono nel solco della riscoperta della musica del Sud ispirata all’epopea brigantesca, tracciato decenni fa da nomi quali De Simone e Bennato. Ma la tradizione folk campana per restare in vita ha bisogno non solo di essere contemplata bensì rinnovata da un nuovo repertorio in cui entrano di diritto i brani della piccola compagine musicale composta da Antonio Amatruda (voce, fisarmonica kazooo e armonica), Luigi Sola (chitarra), Giovanni Montesanto (chitarra), Mario Lambiase (basso ukulele) ed Emilio Melfi (batteria).

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Un corredo strumentale anomalo rispetto al genere proposto e che riflette il mosaico sonoro dei Vico: «Abbiamo – spiegano – background differenti, c’è chi viene dal reggae, chi dall’indie, chi dal rhythm and blues». I pezzi, scritti da Amatruda, vengono arrangiati insieme. Le influenze sono chiare: Bennato (naturalmente Eugenio) e su tutti Enzo Avitabile. «Canto e scrivo quello che sento – spiega Amatruda – parlo di immigrazione, di chi va via per lavorare». Il retaggio comune è quella musica napoletana di avanguardia che il mondo conosce come “neapolitan power”, quindi: James Senese, Pino Daniele. «Un linguaggio – spiegano – in cui c’è tanto sentimento, tanto stomaco, poca ragione e un po’ di ignoranza intesa come approccio poco accademico alla musica, fatto di accordi semplici e suoni grezzi e diretti. La composizione è rudimentale, si scrive su poche note: puntiamo allo stomaco, alla bocca dello stomaco».

Musica senza frontiera, la loro, che tende al Mediterraneo e a quel ponte immaginario che collega il nostro Sud al sud del mondo. Non c’è molto spazio per gli abusati stereotipi nella musica dei Vico, che cantano piuttosto la rabbia di chi crede ancora nel riscatto di una terra martoriata. Chiaro è l’intento che è dietro la scelta di cantare in vernacolo: «Parliamo al popolo, ci rivediamo nel popolo, chiedendoci cosa penserebbero le persone a noi più vicine, mentre scriviamo» spiega Amatruda.

Dopo diversi cambi della line up, il gruppo, in questa formazione, suona insieme da un anno eppure possiede l’interplay tipico di chi va avanti da tempo. «Pur venendo da realtà diverse, nel momento in cui saliamo sul palco riusciamo a imprimere il nostro motivo comune nei brani. Vico Masuccio è musica, ritmo, voglia di tradurre testi ed armonia in emozioni della nostra terra, lasciandosi influenzare, ma soprattutto trasportare, dalla tradizione folk, dal rhythm and blues, dalla musica etnica, in un viaggio inedito che rifletta radici, cultura, e amore verso quelle note. Forse non stiamo creando qualcosa di nuovo – ammettono – ma qualcosa che di certo non è ancora ben definito in questa città».

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