FESTA DELL'8 MARZO

Trotula de Ruggiero, la prima donna medico divenuta leggenda

Fu antesignana dei problemi della sfera femminile e la principessa Sichelgaita le chiese di riunire in un testo i suoi metodi

 

Nell’XI secolo il contributo dato dalle donne alla Scuola Medica Salernitana è di estrema importanza: la Scuola è già da tempo una struttura che non è soltanto di natura scolastica, ma anche dotata di una sua attività ambulatoriale, testimoniata dalle fonti, e di una organizzazione ospedaliera dove è possibile tenere in osservazione i pazienti per stabilire le terapie più adatte alle loro infermità. I nomi di Abella, Mercuriale, Rebecca Guarna, Costanza Calenda testimoniano un XI secolo al femminile della Scuola dove primeggia Trocta (o Trotula) ostetrica e ginecologa, cui si deve il trattato De mulierum passionibus in ante et post partum. Dall’Historia Ecclesistica di Orderico Vitale: «Nell’anno 1059, Rodolfo Malacorona fece tappa a Salerno: uomo molto erudito nella grammatica, nella dialettica, nell’astronomia, e nella musica. Aveva anche molte cognizioni fisiche al punto che nella stessa città di Salerno, dove fin dall’antichità risiedono le più importanti Scuole di Medicina, nessuno poteva competere con lui nell’Arte Ippocratica, tranne una sapiente signora».

Questa è una testimonianza importantissima non tanto per la Scuola Medica di Salerno, ma per la presenza indiscutibile, già prima del 1059, di una donna medico a Salerno la cui fama continua a durare dopo un secolo. Nella sapiens matrona i critici e gli storici vi scorgono la figura di Trotula, e anzi ne deducono che nel 1059 il celebre Garioponto deve essere già scomparso se a Salerno nessun medico è più celebre per fama e opera di quella sapiens matrona. Fosse vivo Garioponto, nessuno sarebbe più grande; quindi con tutta probabilità è Trotula la sapiente signora, rendendo così indiscutibile la leadership al femminile. Trotula aveva avuto una geniale intuizione: l’igiene personale dei medici, otto secoli prima di Summelweiss. In un Medioevo popolato da uomini sporchi e bigotti, in cui la poca conoscenza era custodita nei monasteri, Salerno faceva eccezione: si traducevano i testi dei filosofi greci aprendo la strada al futuro Umanesimo. La conoscenza era in gran parte nelle mani dei laici, e una donna nata nella prima metà di quell’XI secolo dava consigli sull’igiene personale; soprattutto parlava di altre donne, della loro sessualità, di come rendere meno doloroso il parto. Una donna che si elevava su tutte le altre per sapienza: molti la consideravano la donna più saggia della Cristianità. Trotula trascorse l’infanzia e l’adolescenza all’ombra del castello di Arechi. Inizialmente il padre la affidò a un precettore, frate Gerardo, noto per la sua vasta cultura, all’età di diciotto anni seguì le lezioni di medicina di Cofone, allievo prediletto di Garioponto, presso la Scuola sorta accanto al monastero di San Benedetto, fornita di un’infermeria e di una ricca biblioteca dove veniva approfondito lo studio dei testi latini e greci. Trotula frequentò poi le lezioni di Petrocello, altro celebre maestro della Scuola.

Primeggiava su tutti gli altri; in particolare prediligeva gli studi di ostetricia e cosmesi. Dopo un lungo tirocinio, nella sala della chiesa di San Pietro a Corte, a Trotula fu consegnato l’attestato che l’autorizzava a esercitare ufficialmente la nobile arte della Medicina. Lo stesso Garioponto pose sul suo capo la corona d’alloro. Ben presto la fama di Trotula oscurò i nomi di Abella, Rebecca e Mercuriale. Non si era mai vista in tutta Salerno, dalla Giudaica al monte Bonadies, dall’Orto Magno al Castello donna altrettanto bella. Il suo ambulatorio, sempre affollato, era situato nel quartiere della Giudaica, popolato di mercanti ebrei, malviventi, meretrici, venditori di pesce e macellai. Ormai avanti negli anni, Trotula usava spostarsi in città su una rudimentale portantina, poco più di una poltrona di legno. Vederla attraversare le strade era ogni volta un evento; era da tempo diventata una vera istituzione. Il popolo la amava perché aveva sottratto alla morte molte delle sue donne e fatto nascere centinaia di bambini. La nobiltà la rispettava come medico di Corte e di molti dei ricchi della città. Anche i forestieri che si affidavano alle sue cure rimanevano colpiti da quella donna, vestita solo di una tunica, che si faceva trasportare su una poltrona di legno, a capo scoperto. Lo stesso Gregorio VII, che consumava in città i suoi ultimi giorni, ricorreva a lei e trascorreva lunghe ore in amabili conversazioni. Poco prima di morire, la principessa Sighelgaita le consigliò di riunire in un testo i suoi metodi terapeutici e i suoi consigli sulla cosmesi. La leggenda vuole che al suo funerale fosse presente l’intera città, un corteo lungo tre chilometri.