Tre ipotesi di “paternità” sull’Assunta di Teggiano

Per Macchiaroli è un’opera di Giacomo Colombo. Ruotolo l’ha attribuita a Fumo E per Borrelli è frutto del lavoro svolto da Gennaro Vassallo a metà Settecento

di GERARDO PECCI

La storia dell’arte richiede sempre maggior attenzione. Specie in settori tradizionalmente trascurati dagli studiosi e che solo rarissimamente compaiono nei manuali scolastici generali della disciplina. E’ il caso delle opere d’arte in legno scolpito e dipinto a Napoli e in tutto il Mezzogiorno italiano, a partire dal medioevo al Settecento circa. Le nostre chiese sono piene di statue lignee di santi, sante e Madonne. E’ da circa un quarto di secolo che gli storici dell’arte stanno contribuendo a togliere dal cono d’ombra in cui si trovava questa tipologia di opere.

Notevoli sono le difficoltà che s’incontrano sul cammino della ricerca storico-artistica, spesso lungo filoni di ricerca inediti, ma entusiasmanti, specie in territori periferici che nascondono capolavori da conoscere e da studiare. Accanto alla ricerca sul territorio vi è quella, parallela, d’archivio. Si va a caccia di documenti in grado di orientare e di suffragare ipotesi attributive per dare una paternità certa alle opere d’arte ritrovate. In questo senso, il ricercatore può paragonarsi a un detective. Lo storico dell’arte è un vero e proprio “detective dell’arte”, costantemente alla ricerca di indizi e prove certe che possano orientarlo nel proprio lavoro, percorrendo piste e svolgendo indagini per attribuire le opere ai loro artefici. Purtroppo, in Italia, la scultura in legno è stata sempre considerata arte “minore”, ancella e vicaria di quella in marmo o pietra. In Spagna, invece, tutto questo non è accaduto e, come ci informa Raffaele Casciaro, i principali scultori in legno napoletani «sono argomento di interesse nazionale per la bibliografia spagnola, mentre da noi la loro conoscenza raramente esce dai confini regionali».

Nella cattedrale di Teggiano è conservata una statua dell’Assunta, in legno policromo, la cui paternità ancora oggi è oscillante tra proposte diverse formulate dagli storici dell’arte. Iconograficamente, la Madonna sta salendo verso il Cielo, il suo guardo è rivolto in alto, verso l’Altissimo che l’attende. La nuvola su cui poggiano i suoi piedi è affollata di angioletti che la sorreggono e la spingono verso l’alto. Le braccia dell’Assunta sono un chiaro segno dell’accettazione del proprio destino, con le palme delle mani rivolte in alto. L’ampia veste e il manto sono affollati di innumerevoli pieghe, il panneggio è mosso e svolazzante. Sono elementi tipici della cultura visiva tardo-barocca e rococò. La statua, poiché presenta maniere stilistiche comuni a diversi artisti, tutte legate al linguaggio barocco, teatralizzato e devoto, in linea con i principi e le forme artistiche teorizzati dal Concilio di Trento, è stata attribuita a diversi scultori, in mancanza di documenti d’archivio e del contratto di commissione. Il Macchiaroli nel 1868 la ritenne opera di Giacomo Colombo. Più di recente, nel 1981, Renato Ruotolo l’ha ritenuta opera dello scultore Nicola Fumo o della sua scuola, proponendo una datazione intorno al 1690. Nel 1990 Letizia Gaeta, sulla scia del Macchiaroli, riattribuisce l’Assunta teggianese al Colombo e altrettanto fa Francesco Abbate nel 2004. Infine, nel 2011, a un convegno i cui atti sono stati pubblicati nel 2014, Gian Giotto Borrelli ha proposto la paternità della statua a un terzo scultore, Gennaro Vassallo, datando l’opera alla prima metà degli anni Cinquanta del Settecento. Una sola opera, tre diverse attribuzioni di paternità. Così lavora la storia dell’arte, fino a quando da qualche parte non spunterà un documento che ne parli e indichi con certezza il vero autore dell’opera.

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