L'AFFRESCO DEL DUOMO

Torna a splendere la Madonna venerata dai fedeli

Dopo il restauro è stata ricollocata nella cripta, la realizzò il pittore napoletano Pacecco De Rosa

SALERNO Torna nella cattedrale di Salerno una tela tanto preziosa quanto antica. Si tratta della Madonna dipinta dal talentuoso pittore napoletano Pacecco De Rosa, al secolo Giovan Francesco De Rosa, particolarmente attivo nel Seicento nel nostro Mezzogiorno.

L’opera, appena restaurata, ieri pomeriggio dopo la benedizione dell’arcivescovo,Luigi Moretti, è stata ricollocata su uno degli altari laterali della cripta, nella cappellina che custodisce le spoglie mortali delle sante martiri Costanza, Trofimena, Agata e Marina. Le quattro eroine della fede sono raffigurate ai piedi della figura mariana e recano tra le mani il simbolo stesso del martirio, un ramo di palma. La Madonna, circondata dall’oro simbolo di regalità e spiritualità e sorretta in una cornice da quattro angeli, si caratterizza per la bellezza del viso. Il Bambino che porta in braccio reca in mano un pomo, che riconduce al filone pestano della Madonna del Granato.

L’autore del dipinto non solo è attestato tra i più bravi dell’ambito meridionale ma è stato allievo di un altro maestro, il coevo Massimo Stanzione, autore della bellissima “Madonna della rosa” custodita nel Museo diocesano San Matteo di Salerno. Pacecco De Rosa è autore della Deposizione conservata nel Museo di San Martino a Napoli, che piacque talmente da essere poi ripresa nel 1646 in una tela analoga per la chiesa del Gesù Nuovo. Nel 1636 dipinse il San Nicola di Bari e il garzone Basilio che è nella sacrestia della Certosa di San Martino, in cui, oltre al già citato influsso di Stanzione si notano tendenze importate dal Domenichino.

De Rosa aprì a sua volta una propria bottega, dove lavorarono tanti giovani promettenti dell’epoca. “Pacecco”, come veniva soprannominato, si specializzò nei soggetti sacri ed in particolare nelle Madonne come quella salernitana. Negli anni della maturità realizzò anche opere che poi sono finite all’estero: è il caso de “Il massacro degli innocenti”, ora al Museo di Filadelfia, della “Visione di Sant’ Antonio da Padova” che è al Gemäldegalerie di Vienna e del “Giudizio di Paride” in esposizione al Kunsthistorisches Museum di Vienna. È certo che il suo talento naturale fu rafforzato dalla scuola di Stanzione, un artista che seppe dare al barocco un’impronta originale, tanto da essere soprannominato “il Guido Reni napoletano” e considerato dagli storici dell’arte uno dei più importanti pittori della scuola napoletana del Seicento.

Le opere di Stanzione – morto prematuramente per l’epidemia della peste del 1656 – uniscono l’influenza della pittura emiliana del Reni e Domenichino con il tenebrismo del post-Caravaggio. Il connubio tra i due artisti, entrambi autori di opere d’arte per Salerno ed il salernitano, merita quindi un ulteriore approfondimento, anche per svelare le dinamiche della committenza tra la capitale del Regno e Salerno. La Madonna che è tornata in cripta mostra una bellezza nei tratti che apre già ad un verismo caravaggesco, la donna con il bambino non è solo la Madre di Dio ma è una mamma ritratta nel tipico atteggiamento materno. «Siamo quanto mai felici – spiega il parroco della Cattedrale di Salerno, don Michele Pecoraro – di ricollocare l’opera nel suo sito. Dopo il restauro è tornata al suo antico splendore ed è bello che possa tornare ad essere ammirata nella cripta nei giorni dei festeggiamenti di San Matteo, quando centinaia di fedeli visitano il Duomo». La cappella con la tela e le ossa delle quattro sante martiri, fa quasi pendant con l’attigua cappella dei santi martiri salernitani Caio, Ante, Fortunato e Felice.

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