IL FOCUS

Teatro in quarantena, a Salerno ora chiedono di alzare i sipari

Registi e direttori: «Speriamo di riuscire a cucire il filo tagliato dal Coronavirus»

SALERNO - A quasi un anno dalla pandemia il settore cultura e spettacoli, duramente provato e allo stremo, si pone, all’alba di questo nuovo anno, a dare certezze e prospettive. A Salerno, registi teatrali e direttori artistici si interrogano sul da farsi e così Claudio Tortora, direttore del Teatro delle Arti, svela: «Il settore è ormai in ginocchio e ci vorrà un lungo arco temporale per provare a ripartire come prima. Oltre alle stagioni teatrali rimandate, vi sono diverse compagnie che non hanno avuto nemmeno l’opportunità di formarsi, con attori costretti, momentaneamente, a cambiare mestiere. Il teatro, grazie alle sanificazioni, è un luogo sicuro e tenerlo ancora chiuso è un delitto».

Sulla stessa lunghezza d’onda Antonello Ronga direttore artistico della Compagnia dell’Arte: «La riapertura dei teatri sarà il giorno più bello della mia vita: una riapertura che però va fatta con gradualità. Immagino una riapertura con massimo tre posti di separazione tra persone, entrate ed uscite differenziate e convogliata per non mischiare flussi di entrata e uscita. Gli attori poi dovranno essere bravi a “contagiare” gli spettatori a vivere il teatro nella sua completezza». Una pandemia che ha “costretto” a capire cosa nella vita è davvero importante e cosa è futile: «Ma in questo nuovo anno il teatro dovrà esserci perché è il luogo dove ci si contagerebbe di meno. - afferma la regista teatrale Brunella Caputo - A teatro le persone possono stare tranquillamente distanziate e soprattutto non parlano e non interagiscono tra loro. Si possono scegliere spettacoli con pochi attori, mantenendo il rispetto delle regole. Se non si riprenderà, le persone saranno sempre più spaventate e meno propense a prendere posto a teatro e una città senza spettacoli è un luogo spento».

Un’opinione, quella della necessità di far ripartire il teatro condivisa anche dal regista Pasquale De Cristofaro perché «è il luogo delle emozioni e delle passioni forti e non si può stare molto tempo senza. In questi anni abbiamo fatto di tutto per distruggerlo a tutto vantaggio del più futile intrattenimento e, dunque, nessuno ne ha sentito la mancanza. Siamo tutti colpevoli, noi teatranti: per il successo abbiamo svenduto il nostro talento (chi l’aveva), il pubblico che si è subito adeguato e gli stessi critici che hanno preferito che il teatro non producesse pensiero critico ma facile consenso al potente di turno. E quindi vorrei - aggiunge - che quel che ci attende non avesse nulla a che vedere con il passato e che ci fosse una decisa discontinuità».

Non si lancia in pronostici su quel che sarà il regista Antonello De Rosa: «È tutto davvero troppo complesso, dopo quello che si è passato in questa pseudo normalità dobbiamo ritornare lentamente a proporre progetti, a proporre spettacoli, a continuare una formazione e una progettualità che ci proietti nei mesi futuri. Inutile stari lì a piangersi addosso. Il vaccino ci apre la speranza verso la normalità. A “Scena Teatro” ci siamo mai fermati e abbiamo sempre avuto lo sguardo rivolto verso il futuro». A questa riflessione si associa il direttore organizzativo e marketing comunicativo di “Scena Teatro” Pasquale Petrosino: «In questo 2021 “Scena Teatro” ha numerosissimi impegni. Abbiamo predisposto grandissimi eventi culturali, capaci di far ripartire la cultura poiché dopo un anno di stasi bisogna ripartire nel migliore dei modi». Per Andrea Carraro regista e autore teatrale «non cambia nulla. William Shakespeare, a causa della peste a Londra, ha dovuto tener chiuso il teatro per quasi quattro anni, dal 1606 al 1610, con una sola pausa di nove mesi e, alla riapertura, tutto è stato come prima e ha prodotto grandi risultati. Siamo carichi e stiamo lavorando per nuove proposte. È sacrosanto impegnarci nella ricerca di nuovi linguaggi ma la pratica del teatro in streaming ci ha dimostrato che la compresenza del pubblico e degli artisti nello stesso spazio è insostituibile».

Un bilancio molto drammatico è quello che fa il direttore del “Teatro Nuovo” Ugo Piastrella: «Per ora fino al 15 gennaio siamo completamente chiusi. Fra l’altro se ci consentiranno di riaprire con le restrizioni precedentemente imposte se lo potrebbero permettere pochi grandi teatri perché nel caso del “Teatro Nuovo” che conta 280 poltrone numerate, con il distanziamento di un metro a destra, sinistra, davanti e dietro ci sarebbero solo 70 posti disponibili. Il “Teatro Nuovo” - sottolinea - è fermo dal 1 marzo e ha pagato da gennaio a dicembre 2020 un fitto di 2.000 euro mensili, il personale è in cassa integrazione e non può essere licenziato fino a marzo, ma se per quel mese non si riprende ci saranno tante altre persone senza lavoro, oltre ai numerosi attori e tecnici ormai alla fame».

Di prospettive incerte parla il regista de “La Compagnia dell’Eclissi” Marcello Andria: «L’ipotesi di “zone bianche” che permetterebbero la riapertura di musei, teatri e cinema resta molto labile e si dovrà confrontare con la curva del contagio. Si aprirà il sipario, insomma, quando, dove e come lo si potrà fare, fra un lockdown e l’altro, negli intervalli che sarà dato di sfruttare, così come è avvenuto durante la scorsa estate. Francamente credo che sia vano illudersi di poter dare vita entro l’anno a una programmazione organica, a un calendario di eventi a lungo termine. È superfluo dire - spiega - che, quando si parla di teatro, le iniziative “a distanza” sono una contraddizione in termini. L’evento teatrale vive e ha ragione di esistere solo nella relazione, unica e irripetibile, fra attore e spettatore. E neanche il mezzo televisivo può restituire l’emozione del contatto diretto. Ciò nonostante, provare a mantenere acceso l’interesse per questo disastrato settore, già prima dell’emergenza sanitaria in grave sofferenza, a me sembra comunque meritorio. Non credo che tornerà tutto come prima ma mai come ora mi suona d’ auspicio una celebre affermazione di Orson Welles: “Il Teatro resiste come un divino anacronismo!”». E si spera lo possa essere anche quello salernitano.

Stefano Pignataro